Pillole di Calcio – Napoli-Milan: primo atto dai colori rossoneri. Ma è davvero il caso di farne un dramma?

L’immaginazione dell’uomo è naturalmente grandiosa, si compiace di tutto quanto è remoto e fuori dall’ordinario, e spazia senza controllo nei più remoti angoli dello spazio e nei più distanti confini del tempo, per sfuggire agli oggetti che la consuetudine le ha resi troppo familiari.

Così, il filosofo inglese David Hume, a metà Settecento esprimeva, nell’opera Ricerca sull’intelletto umano, la necessità di un approccio scettico, nella vita di ciascuno di noi, da affiancare alle certezze date dall’esperienza. Tradotto: so che in natura ci sono leggi ben solide come gravità, ciclicità di eventi come nascita, morte, alba e tramonto, ma devo poter dubitare anche di queste, per sfuggire con la mia fantasia all’ordine monotono delle giornate.
Ciò che la consuetudine ha reso familiare – ed è bene usare il passato prossimo come a dire che tutt’ora è così – è vedere il Napoli vincere e, soprattutto, meritare ogni volta di farlo. Nemmeno l’immaginazione del sognatore più audace, tuttavia, avrebbe potuto pronosticare un 4-0 del Milan al Maradona. Le leggi del calcio non sono come la gravità, per la quale se mollo un oggetto, questo cade per terra. In ogni sport, calcio in particolare, ci sarà sempre spazio per le incertezze date dal caso, e quindi per la fantasia degli appassionati, altrimenti non avremmo avuto l’Uruguay del ’50, l’Italia dell’82 corsara contro uno dei più grandi Brasile della storia e poi vincitrice del Mondiale, insomma: sarebbe tutto un po’ meno mistico e straordinario.
Capita, perciò, in una sera di inizio aprile di assistere ad un poker rifilato dal Milan al Napoli e cioè da una squadra che, di fatto a gennaio, si è scucita lo scudetto dal petto a quella che, al contrario, se lo è cucito. Sussulti d’orgoglio dei campioni d’Italia? Certamente sì. Non dimentichiamo che a Napoli, nel marzo 2022, proprio i rossoneri avevano messo un mattone importante nella cavalcata verso il tricolore, vincendo 1-0 al Maradona un vero e proprio scontro diretto, da ricordare, per il peso, al pari di quello dei tempi di Sacchi, El Pibe e gli olandesi. Quello dell’altro ieri, al massimo, è valso una discreta fetta di qualificazione Champions per Pioli e la sua banda, in attesa della competizione vera e propria che sancirà il secondo e terzo atto di una trilogia, iniziata in modo assolutamente impronosticabile.

Eppure l’assenza di Osimhen – fuori alla viglia per problemi fisici in nazionale – qualche indicazione/sensazione l’aveva lanciata, vale a dire quella di un Napoli che non avrebbe, certamente avuto interesse a premere con il piede sull’acceleratore per fare suo il match con il Milan. Certo, non si pensava che la squadra di Spalletti vi approcciasse come un’amichevole invernale qualunque tra Napoli e Lille. E allora dove trovare il senso di una sconfitta tanto pesante, nel passivo, quanto inaspettata? Nell’assenza del maggior cannoniere dei partenopei e del campionato italiano? No. E per due ordini di motivi: primo perché il Napoli ha dimostrato di saper far fronte all’assenza del suo approdo offensivo vincendo il 100% delle sfide nel periodo autunnale; secondo perché non crediamo affatto che i calciatori scesi in campo non sappiano ripartirsi in modo equo le responsabilità di trascinare una squadra in assenza del calciatore più decisivo.
Pre-tattica con vista Europa? Stanchezza per i viaggi dalle rispettive nazionali? Scoramento per quanto sta accadendo tra i tifosi in questi giorni e che è sfociato, nell’ultima partita, in cori contro il presidente e in violenti tafferugli sugli spalti? Teniamo tutto nel calderone, mettiamolo a sistema e avremo la più classica delle serate no e nulla di più, sulla quale costruire, mediaticamente, meno di zero. Siamo sicuri, infatti, che a costruire sugli errori – calcistici in campo e umani sugli spalti – ci starà già pensando chi di dovere, nelle sue aree di competenza.

Un po’ di amarcord, per rendere l’idea di quanto si stato fuori dall’ordinario il 4-0 del Milan al Maradona: per trovare un’altra “imbarcata” – con una sconfitta con almeno 4 gol di scarto – subita dal Napoli, dal suo ritorno in Serie A, e quindi dal 2007, dobbiamo ritornare indietro proprio a quello stesso anno, al 2 dicembre. Quella domenica, alle ore 15:00, all’Atleti Azzurri d’Italia andava in scena Atalanta-Napoli e gli azzurri di Edy Reja si schieravano con Iezzo, Cupi, Paolo Cannavaro, Domizzi, Garics, Blasi, Gargano, Hamsik, Savini e il tandem formato da Lavezzi e Zalayeta. Quella gara finì 5-1 per i bergamaschi guidati da Gigi Delneri con i gol nerazzurri di Floccari, Langella, Cristiano Doni, Carrozzieri e Ferreira Pinto e la rete della bandiera partenopea messa a segno dal Pampa Sosa, entrato per Zalayeta. Per trovare, invece, una sconfitta di simili proporzioni numeriche ma in casa, bisogna andare a sette anni prima, 22 ottobre 2000. Al San Paolo, il Bologna di Guidolin sconfisse per 5-1 il neo-promosso Napoli di Zeman, poi retrocesso la primavera successiva in Serie B. Quel giorno, sul prato napoletano ci fu una discreta parata di stelle, a partire dal rossoblù Beppe Signori che contribuì con una doppietta alla giornata amara del suo maestro Zeman, per poi arrivare a Pagliuca, Cruz e Moriero, eroi nell’Inter in due periodi storici differenti e con quest’ultimo tra le fila azzurre a segnare il gol della bandiera in quel pomeriggio autunnale.

Storie di disfatte, di ripartenze mancate, di ricostruzioni e di ricadute, che nulla hanno a che vedere con l’età dell’oro di oggi che vede protagonista il Napoli di Luciano Spalletti, l’unica squadra in Italia ad avere, sin da inizio stagione, ritoccato i propri obiettivi verso l’alto. Tralasciando la Champions League – a metà tra sogno e chimera – le contendenti degli azzurri, ovvero Inter e Milan, si sono presentate ai nastri di partenza di agosto con l’imperativo dello scudetto per poi ritrovarsi, in primavera, a ridosso dei 50 punti, a rincorrere un posto nell’Europa dei grandi 2023-24, per nulla assicurato. La Juventus, che pure dovrebbe competere per gli stessi obiettivi, si ritrova “retrocessa” in Europa League, dopo una campagna Champions a dir poco riprovevole per chi tiene ai colori bianconeri e alla credibilità del calcio italiano in generale. Gli azzurri, invece, dati per ridimensionati fino a chissà quali picchi verso il basso, si ritrovano con l’ansia del conto alla rovescia, con le strade addobbate a festa, un tricolore già sul petto e con una musichetta Champions da ascoltare almeno in altre due occasioni, in un quarto di finale. I cortei funebri per uno scivolone in campionato, vengano lasciati pure a chi, di scivoloni, quest’anno ne ha fatti a ripetizione, e non ai vincitori.  

Fonte foto: pagina ufficiale Twitter SSC Napoli