Pillole di Calcio – Il “Manuale d’amore” di De Laurentiis e le dimissioni di Maurizio Sarri: le tappe di una relazione complicata che non è mai davvero finita

Vi ricordate quando, tredici anni fa, ai sorteggi dei calendari della Serie A 2011/2012 il patron azzurro Aurelio De Laurentiis diede in escandescenza accusando i vertici della Lega di non aver tutelato il suo Napoli e condensando in pochi giorni i big match di campionato con le sfide di Champions? E che se ne uscì non solo con il più italiano dei “siete delle m….” ma anche con un “Voglio ritornare a fare cinema!”? Cos’è cambiato in questi dieci anni e passa? Che il Napoli è diventato grande sotto la gestione FilmAuro anche per gli echi positivi di quella stagione che poi avrebbe portato il primo trofeo della sua èra – la Coppa Italia vinta contro la Juventus – e l’orgoglio per un grande percorso in Champions League. Da allora gli azzurri hanno scalato il ranking, fatto parlare di sé in tutto il mondo, vinto uno scudetto un anno fa e, nel frattempo, più le cose andavano bene nella sua seconda industria, più il produttore la mischiava con il suo primo vero amore che è il cinema.
Questa stagione azzurra che se ne va, tramontando mesta mesta dietro qualche collina, ci ha dimostrato – in occasione proprio di Barcellona-Napoli dello scorso 12 marzo – che passerà alla storia come quella dei teatrini, dei colpi di scena, dei giochi di telecamere dove, attenzione, chi parla e chi riprende lo decide esclusivamente Aurelio De Laurentiis. E occhio a parlare sulla sua voce.

A proposito di film di dubbio gusto: ve lo ricordate “Manuale d’Amore”? Nel 2005 – ovvero un anno dopo l’acquisto del Napoli da parte della famiglia De Laurentiis – uscì al cinema questa commedia sentimentale con la regia di Giovanni Veronesi e il contributo di Carlo Verdone, Luciana Littizzetto, Silvio Muccino e altri attori dalla grande fama. Ebbene, questo film si compone di quattro capitoli, ognuno con intrecci differenti: Innamoramento, Crisi, Tradimento, Abbandono.

Nella sua seconda vita da presidente del Napoli siamo certi che uno passionale come De Laurentiis si sia innamorato più volte e siamo anche abbastanza sicuri che il fuoco della passione sia arso più forte che mai tra il 2015 e il 2018. “Ma lo scudetto e i quarti di Champions del 2023 te li sei dimenticati?”. No, ma voi vi siete dimenticati di Maurizio Sarri a Napoli? Ecco.
La “stagione dell’amore” del tecnico di Figline Valdarno all’ombra del Vesuvio è durata tre anni. Solo quelli in malafede – che purtroppo vivono e lottano in mezzo a noi – se ne usciranno con frasi del tipo “Si ma cos’ha vinto?”. Lo so che è pura e spicciola filosofia ma la verità è che quel Napoli era talmente bello da risultare ineffabile: l’eros, le scariche d’energia e la passione sprigionate da quel gruppo non erano racchiudibili in qualcosa di materiale come un trofeo. La bellezza e la (quasi) divinità di quella squadra perciò, sono destinate a rimanere in un’idea, in un pensiero, in qualcosa di non materiale. Facile parlare del Napoli di Luciano Spalletti – che in qualità universalmente riconosciuta nemmeno scherzava – ma la sfida è riuscire a ricordarci integralmente di quel triennio sarriano senza trofei tra cinquant’anni. La bellezza ideale, infatti, richiede uno sforzo dell’anima ma almeno i video ci verranno sempre in aiuto. Onestamente, se non è Innamoramento quello provocato dal Napoli di Sarri io non so cosa possa esserlo, almeno nel calcio.

Difficile che il fuoco della pura passione arda allo stesso modo dopo che si è insinuata anche solo la possibilità del male. E questo piccolo e cattivo ospite indesiderato del dubbio che “vuoi vedere che ci hanno rubato lo scudetto?!” si è insinuato la sera del 28 aprile del 2018 allo stadio San Siro di Milano, in occasione di Inter-Juventus. La storia di quella sera è arci-nota, così come gli strascichi negativi sul Napoli 3.0 di Sarri, forse leggermente meno bello rispetto alla stagione 16/17 ma più cinico, risoluto, capace di vincere partite sporche come nella fatal Bergamo dell’anno prima e di chiudere il campionato a 91 punti. Quell’anno, il 17/18, la Juventus fece più punti e ancora ci interroghiamo sul “come” e questo interrogativo tormenterà per sempre lo stesso Maurizio Sarri, che in quel famoso albergo di Firenze si era riscoperto un po’ meno felice, un po’ meno innamorato. Era l’inizio della Crisi.

Immaginate di avere sotto contratto il miglior allenatore italiano del momento e il miglior allenatore italiano forse di sempre (di certo il più vincente). Ecco, nell’estate del 2018 rispettivamente Maurizio Sarri e Carlo Ancelotti erano entrambi sul libro paga di Aurelio De Laurentiis, con l’ex tecnico di Milan, PSG, Bayern e vincitore di una Coppa dei Campioni anche con il Real Madrid che era stato ingaggiato nonostante i mali d’amore di Sarri fossero ancora in atto. Il matrimonio tra ADL e Don Carlo era stato sugellato con una foto passata alla storia con le mani a fare il simbolo della pistola. Era la pistola fumante di chi tradisce consapevole di quello che sta facendo. Ma da chi è partito il Tradimento? Da De Laurentiis verso il suo grande amore Sarri, per non aver atteso che il tecnico si schiarisse le idee o da Sarri stesso, decidendo di lasciare Napoli prima della naturale fine del contratto? Ogni dubbio sarà fugato dall’allenatore fiorentino un anno dopo andando ad allenare la Juventus, dopo aver vinto, nel frattempo, una Europa League al Chelsea.

E veniamo all’ultimo, evitabilissimo, capitolo della saga cine-pallonara prodotta dalla FilmAuro: l’Abbandono. Un abbandono consumatosi pian piano, con agonia e nel contesto più triste che mai. Sì perché l’unico scudetto di Sarri arriva proprio con l’ “amante” bianconera ma in uno stadio vuoto a causa del Covid. Lo smacco del Napoli e del suo presidente, in più, era già avvenuto con la vittoria della Coppa Italia in finale contro la Juventus, in un Olimpico di Roma altrettanto vuoto. Il resto è una serie di detti e non detti, di frecciatine, di scontri vinti e persi tra il Napoli e la nuova Lazio, guidata da voi sapete chi. Guidata, però, fino a martedì scorso.
Mentre a Barcellona andava in scena la rifinitura in vista del match serale tra azzurri e blaugrana, a Roma Maurizio Sarri rassegnava le sue inequivocabili dimissioni da tecnico della Lazio, a seguito di una stagione più travagliata che mai che lo aveva portato a perdere, a detta sua, il controllo dello spogliatoio. Poteva l’ex innamorato De Laurentiis non entrare a gamba tesa anche questa volta, per giunta dopo aver infierito su un altro “laziale” il giorno prima, ovvero un collega giornalista di Sky? Ecco le sue parole rilasciate a Mediaset:

“Mi ha molto stupito perché veda: io credo che nella vita, soprattutto dopo le prime esperienze che ti qualificano come un professionista – e quindi non sei più agli albori della tua attività – tu ti debba assumere le tue responsabilità. Se tu hai accettato un determinato ruolo e stai in una determinata società, nel bene e nel male tu devi portare a termine il tuo impegno, sia contrattuale, sia nel rispetto verso i tifosi, sia verso i giocatori, sia nel rispetto della società che ti ha ingaggiato. È troppo facile dare le dimissioni. Chi dà le dimissioni secondo me è un perdente. Io non conosco le motivazioni. Non so se ci sono stati problemi tra lui è la società. Sono cose che riguardano Claudio Lotito. Claudio è una persona molto diversa da me. Io sono molto pacato e irruente quando devo essere irruente. Claudio non è mai irruente. Semmai è un esagitato che vuole fare tutto e di più. Vuole stare nella politica, nel calcio, nell’industria ma è un uomo che ha anche delle qualità. Secondo me si dovevano trovare delle soluzioni all’interno del rapporto per non lasciarsi”.

Ebbene sì. Quella pistola di cui sopra è ancora fumante e sempre verso lo stesso bersaglio. L’Abbandono che si è consumato in questo ultimo capitolo della saga non ha nulla a che vedere con il rapporto lavorativo tra Sarri e la Lazio – che ha cessato di esistere nel momento in cui l’allenatore, dimettendosi, ha rinunciato a 15 mesi di contratto, qualcosa come 10 milioni lordi, circa 5 al netto delle tasse (fonte. Corriere della Sera) – bensì con il pubblico ludibrio a cui De Laurentiis ha dato in pasto un uomo ferito, per non aver raccolto abbastanza dal suo lavoro, comunque sempre costante e serio.

Davvero vogliamo parlare di perdenti? Allora ci vorrebbe un “De Laurentiis un po’ più grande” che vada a chiedere conto al patron azzurro di questa stagione che definire mediocre sarebbe un eufemismo. Parlerebbe di sé come un perdente? E su Garcia e Mazzarri? Da loro avrebbe accettato le dimissioni se solo loro gliele avessero presentate o avrebbe detto: “No, per carità, dopo passereste per dei perdenti! Lasciate che vi paghi fino all’ultimo centesimo del vostro contratto!”.
Allora come ci spieghiamo questa ennesima, mirata, pubblica uscita del cineasta più famoso del calcio? La passione sotto sotto c’è e arde ancora? Non ci resta che attendere un eventuale remake di Manuale d’Amore 2.

Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato. (Carme 85 di Catullo)

Fonte foto: pagina ufficiale S. S. Lazio