Ma non è che forse ci eravamo sbagliati un tantinello sul conto della cara vecchia Serie A? In due anni di vita, questa rubrica ha prima raccontato e poi interpretato molti momenti bui del calcio italiano – primo su tutti quello della mancata qualificazione ai mondiali in Qatar – ma anche quelli radiosi a cominciare dal percorso del Napoli di Spalletti verso il tricolore, o di Inter, Roma e Fiorentina finaliste nelle tre rispettive finali europee, poi perse. Ecco, i problemi di un movimento sportivo e comunicativo come quello italiano hanno rappresentato spesso stato il filo rosso a partire dal quale, chi vi scrive è partito per ribadire un’insofferenza di fondo verso uno spettacolo, come quello calcistico del Bel Paese, sempre troppo poco edificante. E invece oggi, all’indomani dei quarti di finale di Europa e Conference League, siamo qui, con dell’ottimo spumante, a festeggiare un traguardo concreto tagliato delle nostre squadre. Ebbene sì, l’Italia si è conquistata il diritto di portare almeno otto delle sue squadre nelle coppe europee della stagione 2024/2025, di cui (sempre almeno) cinque in Champions League, pronta ad inaugurare il suo nuovo formato “Super”.
Come è stato possibile? Abbiamo una specie di Siviglia in Serie A che vince l’Europa League senza classificarsi entro i primi 4 posti? No. Non ancora almeno. Semplicemente, noi italiani abbiamo sfruttato al meglio il primo, sperimentale, anno di ranking UEFA per club, classificandoci in testa (dati aggiornati ai quarti di finale di coppe europee). Le norme UEFA, infatti, decretano che, i primi due paesi di questa speciale classifica acquisiscono il diritto di qualificare una squadra in più alla prossima Super Champions League nel suo formato tutto nuovo, con più partite per ciascuna e, soprattutto, più soldi sul tavolo. Un’occasione d’oro che, ripetiamo, la Serie A ha sfruttato come meglio non potrà ricapitarle e vi spieghiamo subito il perché: solo per questa stagione, i punti che vanno a comporre questa speciale classifica del ranking per paesi si accumulano, naturalmente, vincendo il martedì, il mercoledì o il giovedì, ma non tengono conto né della difficoltà del singolo match né del blasone della competizione che si sta disputando. Ergo: per la stagione 23/24, i punti fatti vincendo una sfida di Conference League valgono tanto quanto i punti fatti vincendo in Champions e, dal momento che la Fiorentina di Italiano ha avanzato in maniera pressoché semplice in una competizione “più facile” per i suoi standard, il ranking ne ha beneficiato eccome. Allo stesso modo, la Roma e il Milan in Europa League hanno portato punti e sicurezza all’Italia in un testa a testa con Inghilterra e Germania, adesso in lotta per contendersi l’ultima piazza utile disponibile.
Tecnicismi, insomma, che ci fanno raccogliere quanto di buono i nostri club hanno cominciato a seminare da tanto tempo. Due anni fa la Roma di Mourinho alzava al cielo la Conference League, l’anno scorso piazzavamo tre squadre nelle tre finali di coppe e quest’anno – indipendentemente dai trofei che potranno arrivare o meno – è già stato certificato un cammino lodevole negli infrasettimanali internazionali.
E così, come i demeriti sono spesso stati dati ad alcuni tecnici, rei di aver mostrato proposte “antiche” e perciò speculative, non in linea con i canoni europei e, di conseguenza, per nulla redditizie, adesso i meriti vanno dati ai colleghi “buoni” che hanno messo la firma su questo enorme risultato. L’Italia che ci piace, e che ci rappresenta in Europa oggi, ha il volto di Vincenzo Italiano, Daniele De Rossi e, soprattutto, di Giampiero Gasperini. Non sappiamo se l’Atalanta terminerà la sua stagione vincendo un titolo – essendo in corsa per vincere anche la Coppa Italia – o se Gasp sfaterà questo tabù della bacheca trofei vuota. Quello di cui siamo certi è che dallo scorso giovedì, il libro di favole sul calcio da raccontare ai nipotini si è arricchito di una nuova e avvincente storia, ovvero quella sugli “Eroi di Anfield” che in una tiepida serata di inizio aprile hanno sconfitto per 3-0 i grandi padroni di casa del Liverpool. E che dire di De Rossi che, in tre mesi, ha preso una Roma con elettroencefalogramma piatto e l’ha rivitalizzata infondendo automatismi di gioco e una consapevolezza che in spogliatoio mancavano da un pezzo? Il risultato sta nei giocatori felici e in tabù sfatati come quello del derby con la Lazio – in due anni sempre perso senza mai toccar palla – e del Milan, mai battuto dall’ottobre 2019 e contro cui non mancavano mai le brutte figure. Eccola di nuovo la Roma, in semifinale di una coppa europea, per la quinta volta nelle ultime sette stagioni. Eccola di nuovo la Viola, a incutere timore nella sempre troppo bistrattata Conference League e che invece fa battere i cuori del pubblico di Firenze ad ogni gol. Ci riproverà ancora Italiano, con uno stile di gioco che divide ma che, alla fine, tiene i suoi lì in alto, a lottare per traguardi nemmeno immaginabili tre anni fa, quando di questi tempi ci si preoccupava ancora di raggiungere la salvezza.
L’Italia tutta ringrazia e addirittura spera in qualcosa di più da parte di Roma o Atalanta. Sì perché se una delle due dovesse vincere l’Europa League e classificarsi dal sesto posto in giù in Serie A, a quel punto sarebbero sei le squadre italiane qualificate alla prossima edizione della Champions e, in totale, ben nove tra tutte le competizioni internazionali.
Sognare non costa nulla. Tornando nei nostri confini regionali, invece, costa molto ribadire quale mastodontica opportunità stia sprecando il Napoli che, da detentore del tricolore, vede ridotte al lumicino le possibilità di giocare la Coppa dei Campioni l’anno prossimo. E “lumicino” è un eufemismo.
A proposito di Napoli, di tricolore e di Campioni. Ad assistere alla sfida del Maradona contro il Frosinone, lo scorso 14 aprile, c’era Luciano Spalletti che, tra meno di due mesi, inaugurerà con la sua truppa azzurra gli Europei, da detentori del titolo. Nel caso della Nazionale Italiana, dobbiamo parlare di formula inversa rispetto alla stagione del Napoli perché mentre gli azzurri partenopei hanno difeso (male) il titolo vinto senza Luciano da Certaldo, gli azzurri nazionali proveranno a riconfermarsi affidandosi all’uomo forte con il tatuaggio del Napoli sul braccio. L’impressione è che quella del presidente federale Gravina, almeno per questa volta, non si sarà rivelata una cattiva scelta. Come si dice: uomini forti, destini…
Fonte foto: pagina ufficiale Nazionale FIGC