Arginare una squadra come l’Atalanta, forte di uno dei più bei giochi del calcio italiano, è certamente un’impresa “impensabile” se si pensa alla straordinaria fase di stagione che i nerazzurri stanno attraversando. In più, se la gara non hai l’opportunità di disputarla con una squadra al completo e, soprattutto, l’affronti come terza gara in 6 giorni, ci si rende conto che al Benevento di Inzaghi non si può chiedere nulla in più.
Tuttavia, sappiamo bene quanto l’ex tecnico del Bologna sia maniacale quando si parla di calcio e quanto pretenda che i suoi calciatori diano sempre il massimo. E’ una caratteristica che ha sempre contraddistinto la squadra giallorossa.
Ma un’altra caratteristica che ha sempre contraddistinto il Benevento, e che si vuole ancora sottolineare in merito alla sfida contro l’Atalanta, è la duttilità di una squadra in preda, tra l’altro, all’emergenza della rosa che sta attraversando.

Inzaghi ancora una volta non si è smentito – ormai non è una novità – ed ha optato per il classico 4-3-2-1, dovendo rinunciare qualche ora prima della gara a Gianluca Caprari, elemento piuttosto importante del mercato estivo di Foggia. In avanti, quindi, Ionita e Sau supportano la sola punta Lapadula. Improta, invece, è tornato a fare la mezz’ala, tra i ruoli che gli riescono meglio.
Quando, però, si pensa al Benevento non bisogna pensare ad una squadra che non è in grado di adattarsi alle partite, anzi. Inzaghi e i suoi ragazzi sono sempre pronti a vendere cara la pelle e giocarsi ogni volta il tutto e per tutto, indipendentemente dagli undici che scendono sul terreno di gioco. Così quando il tecnico giallorosso si rende conto che c’è da recuperare la gara, cambia strategia: il 4-3-2-1 diventa così un 5-3-2, con l’ingresso di Pastina. Il giovanissimo centrale, autore dell’assist per il gol di Marco Sau, ha aumentato la densità al centro della difesa, affiancandosi a Barba e Glik. Improta, invece – già nel primo tempo aveva aiutato la fascia di Maggio, punto debole per le incursioni di Gosens – è scalato a fare il 5 a sinistra, lasciando all’ex Napoli la corsia destra di sua appartenenza.
Un cambiamento importante soprattutto in fase di non possesso, quando il Benevento ha cominciato ad alzare il baricentro e a pressare più alto, sfruttando una fase del match in cui l’Atalanta risentiva della tenuta fisica dei primi 45 minuti. Il gol di Sau, purtroppo, si è rivelata amara illusione, piccolo squillo prima del ritorno di fiamma della Dea che ci ha messo poco a mettere il sigillo sulla gara. Guai a pensare che il 5-3-2 sia soltanto un modulo difensivo (Inzaghi si imbestialirebbe). L’assetto permette di dare maggior spinta sulle fasce cercando di allargare la formazione avversaria: Maggio e Improta hanno, infatti, contribuito maggiormente al pressing dei giallorossi e hanno partecipato più attivamente alla manovra d’attacco. Questo è permesso grazie ai tre centrali del reparto difensivo che, in fase di attesa, riempiono l’area giallorossa cercando di ingabbiare attaccanti come Muriel e Zapata. In questo Inzaghi ha certamente trovato il giusto equilibrio nel sapere come lavorare a gara in corso. Il tutto spiegato da una frase molto simbolica, in più di una conferenza: questa squadra ha imparato a leggere i momenti della partita, quando attaccare e quando stare in attesa, quando dar ritmo e quando rallentare. Un passo importante per una squadra che ambisce a salvarsi e che, è oggettivo, sta sovvertendo i pronostici accarezzando la parte sinistra della classifica e rivelandosi come una delle sorprese di stagione.

Viene certamente il dubbio di come sarebbe andata a finire se Inzaghi avesse avuto a disposizione la rosa al completo, con i vari Caldirola, Iago Falque, Moncini, Caprari e Letizia. Nomi importanti di un parco giocatori messo su per rimanere in A e che sta dimostrando di potersela giocare con qualsiasi tipo di squadra nella massima serie. Seppur stanca dopo il terzo match in sei giorni, la formazione di Inzaghi ha ancora una volta dimostrato – i giovani come Pastina e Di Serio, oltre che Foulon ne sono l’esempio – che ogni componente giallorosso si rivela indispensabile al risultato che tutto il gruppo ottiene. Chapeau, insomma, al Benevento Calcio e al lavoro portato avanti da Vigorito, Inzaghi, Foggia, staff e calciatori. Una famiglia in cui ognuno fa la sua parte e contribuisce all’opera per cui la rosa è stata costruita: giocare a calcio. Perché, è necessario ribadirlo, soltanto conil gioco la bellissima realtà che si sta palesando agli occhi dei tifosi, sanniti e non, può ripalesarsi l’anno prossimo, continuare a crescere e ad arricchire la propria storia con nuove soddisfazioni ed emozioni.
