Il giorno dopo Bologna-Napoli. Dall’Ara funesto: da una squadra senza idee e a briglie sciolte alle affermazioni pesanti di Conte

Che il Napoli fosse in difficoltà lo si era percepito già contro l’Eintracht in Champions e nelle doppie sfide contro Lecce e Como. Ma la mancanza di concretezza se abbinata ad una fragilità difensiva finisce per rendere irriconoscibile persino uno come Antonio Conte. Quello che s’è visto ieri a Bologna è un Napoli che non ha alcuna impronta del tecnico leccese, che non ricorda minimamente il gruppo di condottieri che egli aveva al seguito, artefice del quarto Scudetto della storia del club.
Gli azzurri concludono una sola volta a porta, e insaccano due reti senza riuscire a tenere testa ad un Bologna straordinario – a cui Italiano ha dato un’identità forte e chiara, di cui il nostro campionato deve andare orgoglioso -. Le manovre offensive sono lente, prevedibili, quasi lo specchio di un’idea di gioco andata, neutralizzata con poi neanche chissà quale difficoltà.

Di questo Conte è sempre stato accusato – più o meno legittimamente: fin quando si vince la strada che stai seguendo è giusta, ma quando ti imbatti in un periodo di tre partite senza vittoria – con nessun gol segnato e ben due subiti – qualche meccanismo devi necessariamente cambiarlo. E se a ciò s’aggiunge che il Napoli da inizio stagione ha già perso cinque gare – tre in campionato (Bologna, Torino e Milan, ndr) e due in Champions (Manchester City e PSV) -, ne viene fuori un quadro certamente preoccupante per una squadra che ha il tricolore cucito sul petto.

I DUE REFRAIN RICORRENTI – Ci sono due aspetti che preoccupano l’ambiente Napoli, e che possono far pensare a i mala tempora che currunt. Il primo: al secondo anno Conte ha sempre riscontrato problemi, sia nel riconfermarsi sia nel rapporto che lo ha legato all’ambiente circostante – fosse quello del tifo o quello societario. Parentesi a parte dell’Inter – la vittoria arrivò al secondo anno -, quando le squadre di Conte vincono sembra che qualcosa si sgretoli. Che qualcosa si spezzi, ed è la stessa sensazione che s’è avvertita ieri, sia dalla gara che dalle parole dell’allenatore (su cui si ritornerà). C’è poi un secondo aspetto, che non è meno preoccupante del primo: è la seconda volta che il Napoli nell’anno post scudetto si sente già sazio. Lo ha fatto capire Conte, quando ha parlato della mancanza di entusiasmo, di allegria, di voglia di gettare cuore e gambe oltre l’ostacolo.

Ecco, l’ostacolo. Il Napoli un anno fa ne aveva uno, trascinatoselo dietro dall’anno precedente. Quel disastroso decimo posto assunto come pretesto perfetto per un riscatto culminato col tricolore, perfetta ciliegina sulla torta. E adesso? Adesso gli azzurri avrebbero da riconfermarsi, così come avrebbero dovuto riconfermarsi nell’anno post scudetto di Luciano Spalletti. Eppure sembra che questo step in più, che strizza l’occhio inevitabilmente a pensare di essere più protagonista in Europa, il Napoli non riesca a farlo. Che non riesca ad aprire un ciclo duraturo, e che resti imprigionato nel suo essere una parentesi – quanto meno da un punto di vista del palmarès. Queste, dunque, le sensazioni. E non le somme tirate, per le quali c’è fortunatamente tempo.

I SEGNALI DI CONTE Nel calcio il compitino non basta, ci vuole passione, ardore, entusiasmo e cuore. […] dopo 3-4 mesi ancora facciamo il compitino. Così un allenatore come Conte s’è esposto sulla propria squadra, su quella che in altre circostanze ha sempre difeso sottolineando quanto avesse al suo seguito dei guerrieri. Ieri così non è stato, con l’ammissione di non essere entrato nella testa e nel cuore dei propri calciatori. E, cosa ancor più preoccupante, è la consapevolezza di non sapere se riuscirà a cambiare le cose, che s’aggiunge a quella frase – Non voglio accompagnare un morto – che stona sull’ambiente circostante e sul sostegno del club di cui è agli effetti un dipendente. Gli investimenti ci sono stati, la rosa è lunga – e certo un po’ sfortunata dati i tanti infortuni – e il Napoli è un club reduce da due scudetti in tre anni, nell’arco di un’era (quella di De Laurentiis) in cui gli azzurri sono passati all’essere stabilmente in Europa.

Ecco, si fa fatica a pensare ad un club come questo come ad un morto, se non si pensa che queste dichiarazioni siano lo specchio di qualcosa che s’è spezzato. Forse anche con i senatori, i Di Lorenzo e i Politano di turno? Forse anche perché l’apporto dei nuovi non ha spostato certi equilibri del tutto? Può essere un segnale d’allarme o, presto, un falso allarme. Fatto sta che nella giornata di oggi è previsto un incontro tra il club e l’allenatore, per analizzare il momento che gli azzurri stanno attraversando e capire se i binari che si stanno seguendo sono quelli giusti.

Intanto, il primo passo per uscire da certi momenti difficili è uno solo: assumersi tutti le proprie responsabilità. Non solo la squadra, non sono quelli che hanno deluso le aspettative, ma anche Antonio Conte. E se Conte s’è sempre distinto per avere sempre fame di vittoria, è anche vero che solo un allenatore come lui per tirar fuori dai propri ragazzi lo stesso spirito che li hanno contraddistinti appena un anno fa. Altrimenti, e il tecnico leccese pare abbia messo un po’ le mani avanti, il morto non si piangerà. Ma in tal caso, le responsabilità, di chi non è riuscito a trovare la quadra in una delle rose migliori che il club abbia mai avuto, saranno anche – e soprattutto? – le sue.

FOTO: SSC NAPOLI