Girandola sulle panchine di A: dal ritorno di Spalletti e De Rossi ai grandi incarichi di Palladino e Vanoli. L’analisi

Nel weekend si torna in campo, in serie A anche per dimenticare la batosta imponente subita contro la Norvegia. Ma la sosta per le Nazionali porta con sé novità importanti sulle panchine italiane, alcune delle quali sono diventate particolarmente scottanti e hanno indotto le società a cambi di rotta – approfittando della sosta per fare tabula rasa e ricominciare. Con Luciano Spalletti, giunto poco fa alla Juventus, Daniele De Rossi e Paolo Vanoli che si sono stretti la mano nella gara del Marassi, chiamato all’impresa di una piazza che ha assunto valore negli ultimi anni in maniera esponenziale c’è anche Raffaele Palladino. Ma andiamo con ordine, cercando far luce sulle prospettive e sulle difficoltà di panchine che, sia in zone alte che in zone basse, hanno ugual importanza.

Il ritorno di Luciano Spalletti – Lo fece Gonzalo Higuaìn, poi Maurizio Sarri e adesso Luciano Spalletti, ma prima ci fu Quagliarella, e ancor prima Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro. Insomma, negli ultimi anni il passaggio dal Napoli alla Juventus sembra essere diventato un particolare refrain, così tanto reiterato che forse abbia inciso a ridurre anche una certa reazione di pancia dei tifosi napoletani. Luciano Spalletti è stato un pezzo di storia del Napoli, inevitabilmente e incisivamente artefice del terzo scudetto azzurro dopo 33 lunghissimi anni. Una storia d’amore, un tatuaggio, le notti passate a dormire a Castelvolturno e un traguardo che in carriera meritava. E poi il premio, allenare la Nazionale. Ma allenarla significava provare a rimediare a problemi che vanno ben oltre il semplice allenatore, e se all’inizio sembra che la scintilla scatti pian piano tutto scema. Sono 24 partite, 12 vittorie, sei pareggi e sei sconfitte lo storico con cui lascerà gli azzurri, con l’aggravante di un Europeo 2024 perso già agli ottavi con la Svizzera e un esordio shock contro la Norvegia nella qualificazione ai Mondiali 2026.


Poi si fa strada lo spiraglio Juventus, la panchina di Igor Tudor traballa e coglie al volo l’occasione. Sarà uno Spalletti – come Sarri – diverso: non più tuta, ma cappotto elegante. Dall’operaio al capo, dal sacrificio a Napoli alla compostezza di Torino. Scherzi a parte, semplicemente uno stile diverso, specchio di un approccio più formale col campo e con i tifosi, a discapito di quell’approccio da condottiero azzurro che spesso Napoli far venir voglia di essere. Una vittoria a Cremona, un pari contro lo Sporting Lisbona e uno nel derby della Mole. Non può che essere decisamente presto per capire quanto inciderà Spalletti sulla panchina bianconera, ma certamente è l’uomo ideale per raccogliere il motto che da sempre accompagna il club, vincere è l’unica cosa che conta – e, come spesso capita, anche Luciano dovrà farlo nel minor tempo possibile; ma, proprio per questo, può essere l’allenatore ideale. Nonostante il trascorso azzurro con cui farà i conti al Maradona il prossimo 8 dicembre.

Genoa e De Rossi, il connubio ideale – Che sia beffardo il calcio lo si sa, che a volte renda eroi e appena un anno dopo degli sconfitti, pure. La parentesi di Patrick Vieira ha rappresentato per Genoa un’altalena di alti e bassi; sicuramente più alti che bassi. L’ex centrocampista azzurro, subentrato ad Alberto Gilardino l’anno scorso, fu capace di risollevare le sorti del grifone trascinandolo dalla quart’ultima posizione ad un 13° posto con ben 43 punti. Ma l’annata attuale s’è conclusa anzi tempo con appena 3 punti guadagnati in 9 giornate. E la scelta del club è stata ponderata, con un solo obiettivo: in primis tenere alta la scintilla della passione rossoblù. Ecco perché Daniele De Rossi è sembrato il tecnico ideale per provare a scacciare quanto prima i fantasmi della serie B. Toccato nell’animo dall’esperienza finale del Boca, che ne ha acceso ancor di più la passione, l’ex vincitore del Mondiale 2006 ha avuto la fortuna di sedere sulla panchina della Roma, nel gennaio 2024. Alla sua prima annata in serie A non fa per niente male, anzi: il club giallorosso raggiunge la semifinale di Europa League nel confronto col Bayer Leverkusen, lo stesso che verrà poi sconfitto in finale contro l’Atalanta di Gasperini (il 1° titolo della Dea). Esonerato in maniera discutibile dopo appena quattro partite senza vittoria nel settembre 2024, ha aspettato la chiamata giusta – perché nel calcio non bisogna aver fretta -, ed ha accettato quella del Genoa. L’esordio contro la Fiorentina ha portato un solo punto, ed è ancora troppo presto per capire se e quanto farà bene. Ma De Rossi è un uomo del popolo, onesto con sé stesso e con la piazza, capace di entrare a pieno nella cornice del tifo rossoblù. Una scommessa – e forse neanche troppo – che il Genoa fa bene a prendersi per rilanciare un allenatore italiano dal prospetto tutto interessante.


L’eredità scottante del Gasp, ora Palladino. Non lo si immaginava prima, e si fa fatica ad immaginarlo ora, nonostante l’Atalanta sia al suo secondo allenatore. L’eredità di Giampiero Gasperini è forse quella più pesanti delle panchine che andiamo ad analizzare. Quello che la Dea ha seguito sotto la sapiente guida di Gasperini è stato un percorso costruttivo, fatto di idee ben precise e di volontà di fare dignità ad una specifica filosofica calcistica senza gravare sulle casse della società – e tra l’altro facendo emergere prospetti interessanti, che rappresentano l’esempio per il problema che ruota intorno alla Nazionale. C’è stato coraggio, c’è stato amore – con i suoi momenti di crisi – e c’è stato bel calcio, da divertirsi e da vincere. Insomma, la perfetta dimostrazione che, pur non piegandosi alle esigenze a cui a volte s’è spinti quando non si ha sempre una squadra che possa competere con le big europee, si può vincere e si possono alzare trofei. E quella finale dell’Aviva Stadium di Dublino resta la più bella ciliegina sulla torta della storia tra Gasp e Atalanta. Lo scudetto, per cui i nerazzurri pure hanno dimostrato di poter competere, sarebbe stato il massimo. Ma, se è meglio chiudere prima di raggiungere un punto di non ritorno, l’allenatore ora alla Roma ha lasciato a Percassi una bella gatta da pelare. E non è bastata la stima con Ivan Juric, che suscitò sin dall’inizio più di una perplessità, a far intraprendere all’Atalanta un corso nuovo.

La scelta, dunque, dopo l’esonero di Juric, è ricaduta su Raffaele Palladino. Artefice della prima vittoria storica del Monza in serie A – tra l’altro contro una signora squadra come la Juventus – due salvezze gli permettono di farsi notare nel panorama delle squadre di media-alta classifica, fino a guadagnarsi la chance con la Fiorentina. E sulla pancina viola raggiungerà una semifinale di Conference League, e poco conta la sconfitta se il club si conferma ancora una volta partecipante alle competizioni europee per il quarto anno di fila. Sotto la sua gestione, come un fiore che non si sapeva fosse ancora in vita, sbocciano talento e strapotere fisico di Moise Kean. La Fiorentina raggiunge una certa identità, ben definita e spezzata solo da alcune divergenze societarie che lo portano a rinunciare all’incarico la scorsa estate, prima del ritorno di Stefano Pioli. Adesso l’Atalanta, una scelta che può stimolare sia la società che l’allenatore ha creare una parentesi nuova per un club che ha in rosa calciatori di qualità. E Palladino, che s’è già dimostrato all’altezza di avere un rapporto vincente con i suoi calciatori, può far sbocciare i vari Krstovic, Lookman e Scamacca. Se si è ben lontani dall’ipotizzare quanto il tecnico inciderà sulla sua nuova panchina, l’esordio contro un Napoli – altrettanto in difficoltà – potrà forse far emergere già delle caratteristiche precise che ci si può aspettare dalla sua filosofia di gioco.

Vanoli e l’opportunità Fiorentina – Che sia un uomo salvezza Paolo Vanoli lo ha già dimostrato, dapprima a Venezia, risollevandolo dalle ceneri di un penultimo posto lasciate da Javorcic e Soncin, e centrando con 40 punti l’accesso ai playoff di serie B nel 2023; e poi due anni dopo a Torino, fresco di promozione in serie A col Venezia dopo dei stagioni dei lagunari in cadetteria. Nonostante l’undicesimo posto in campionato con il Torino, piazzamento di tutto rispetto e in linea con la strada che solitamente percorre il club piemontese, a fine anno rescinde. Aspetta una chiamata che gli dia una nuova scintilla e arriva quella – improbabile ai nastri di partenza – di una Fiorentina sorprendentemente ultima in campionato. Eredita così una grana importante, lasciata da un Pioli che non ha inciso come avrebbe voluto e non ha replicato l’amore che lo ha legato ai tifosi viola anche nel dramma di Davide Astori. Un esordio contro il Genoa (2-2 a Marassi, ndr) è ancora troppo poco per poter tranquillizzare i tifosi. Fatto sta che Vanoli ha già dimostrato di avere speciale confidenza con chi ha necessità di rialzarsi quanto prima per scongiurare il rischio di una caduta sin troppo rovinosa. Quella che per lui si prospetta è forse l’impresa finora più difficile in carriera: riconsegnare alla Fiorentina la dignità che negli ultimi anni ha conquistato tra Italiano e Palladino, fino a raggiungere palcoscenici europei di tutto rispetto per Firenze. E, dando un occhio al suo curriculum, può essere l’uomo ideale per ricucire le ferite causate dal più deludente degli avvii di stagione delle squadre di A.

Insomma, panchine scottanti e secchiate d’acqua fredda. Spalletti, Palladino, Vanoli e De Rossi: quattro nomi, quattro obiettivi (più o meno) diversi, in circostanze tutte uniche e tutte piuttosto delicate. Dalla Juventus, da anni a caccia dell’erede di Allegri, ad una Fiorentina senza la quale sarebbe difficile immaginare una serie A; e passando per la passione intramontabile del Genoa e all’Atalanta con una cantiere ancora aperto. Scelte, conseguenze, destini che si intrecciano e nuovi scenari all’orizzonte. Sfide raccolte, responsabilità assunte, sacrificio, passione e lavoro. Quattro piazze, quattro punti interrogativi e quattro riflettori accesi sulle sorti che seguono. Dopo aver infiammato la classifica sul campo, il calcio italiano – in un momento in cui le reti sembrano rischiare di essere ai minimi termini – torna ad infiammarsi anche sulle panchine.

FOTO: Canali ufficiali Genoa, Juventus e Luciano Spalletti