Nella settimana di varianti, nigeriane e napoletane, l’unica cosa che continua a non variare è l’atteggiamento del Napoli. Nella sera di Granada gli azzurri tornano a casa con due reti subite e una qualificazione agli ottavi di finale subito messa in discussione. Tutto da rimandare al Maradona sì (e il calcio è pur sempre strano), ma è necessario analizzare la situazione in casa Napoli a 360°. Certo è che i superficiali errori tecnici e un giro palla spesso lento e sterile, con appena qualche conclusione da fuori e un Osimhen fantasma nell’area di rigore spagnola, non lasciano ben sperare sulla gara di ritorno. Una cosa è certa: a questo Napoli non resta, per ora, che il cuore. E gettare il cuore oltre l’ostacolo, ogni partita, può essere l’unica motivazione (del tutto soddisfacente) per la ripresa azzurra sui due fronti rimasti (campionato e l’ancora aperta Europa League).
Che questo Napoli non brilli da un punto di vista tattico è evidente. I limiti di Gattuso continuano ad emergere partita dopo partita. Ma il tecnico calabrese, dalla sua, può avere il rimpianto di non aver quasi mai allenato un Napoli al completo. E quando hai ben nove assenze (Ospina, Ghoulam, Koulibaly, Manolas, Hysaj, Demme, Mertens, Lozano e Petagna) e in panchina ci finiscono Contini, Idasiak, Zedadka, Costanzo, Labriola, D’Agostino e Cioffi – 7 elementi che all’improvviso si vedono catapultati in una realtà che non hanno mai avuto l’opportunità nemmeno di sperimentare – appare del tutto prevedibile che nemmeno san Gennaro avrebbe potuto salvarti da un clamoroso 1-2 subito nei soli primi venti minuti di gioco. Se in più si pensa agli evidenti problemi tecnici e tattici (talvolta anche elementari) messi in luce dagli azzurri, certamente non soltanto nella sfida contro il Granada, e che si trascinano ormai da tempo, tutto sembra inevitabile.
Ma…tutti i nodi vengono al pettine e il Napoli del 2021 è il risultato non soltanto di Gattuso, ma anche di Giuntoli e di De Laurentiis. Le colpe non sono mai soltanto di una sola persona, non solo del tecnico calabrese né soltanto del presidente. Il progetto societario che la società ha impostato negli ultimi anni ha portato al fallimento sia della gestione Ancelotti e – è la paura di tutti – potrebbe portare sulla stessa strada anche la figura di Gattuso – in queste situazioni a metterci la faccia è sempre l’allenatore e il calabrese, un professionista come pochi, sarebbe pronto a salutare Napoli consapevole d’aver fatto quanto poteva. Ma una società ha bisogno della cooperazione: è questo, forse, quello che è mancato a questa squadra. Il sedersi a tavolino, il progettare, l’individuazione di nomi sul mercato studiati, approfonditi e mirati, che non sfociassero in calciatori come il tanto criticato Lobotka o gli invisibili Malcuit e Ghoulam che, volente o nolente, hanno rappresentato una mancanza sulle corsie laterali azzurre. Quando c’è qualcosa nella gestione di una società che non va, prima o poi viene a galla, come una verità che si tenta sempre di nascondere.
Granada-Napoli, sotto i punti di vista messi in evidenza, rappresenta soltanto la punta di quell’iceberg che rappresenta, oggi, la società del Napoli. Gattuso ha soltanto le colpe di trovarsi nel posto giusto, ma al momento sbagliato. Forse, con una rosa al completo, il tecnico avrebbe fatto vedere più volte quel Napoli emerso all’andata nella goleada procurata ad una signora squadra come l’Atalanta. De Laurentiis, forse, avrebbe potuto ragionare di più sulla figura del tecnico ex Milan – il fatto che non rinnovi è più di un indizio, dato l’andamento altalenante di un Napoli che (complici gli infortuni, senza dubbio) ha una rosa da vertici (eccetto l’innominabile scudetto). Giuntoli, invece, si porta dietro investimenti che forse, oggi, non stanno rendendo al massimo e finisce anche lui (in maniera legittima e con le stesse percentuali) sul banco degli imputati.
Una situazione delicatissima, che necessita di una scossa e di una rifondazione decisiva per far sì che questo Napoli ritorni ai livelli che merita e ai livelli che merita questa città che, costantemente e nel consueto rapporto odio-amore, sostiene e sta sempre accanto all’ambiente azzurro. Bisogna essere oggettivi: una situazione come quella azzurra, inserita nel contesto di un campionato surreale e anomalo – i partenopei hanno disputato 14 gare in 47 giorni, con ritmi altissimi e insostenibili a tratti – facilmente si caratterizzano per la totale incertezza, e più volte, assistendo alle gare, si può avere la sensazione che calciatore e allenatore brancolino nel buio.
Gattuso continuerà a fare il suo lavoro, normalmente, in un calcio mondiale che normale non è. Ci metterà la faccia, come sempre, e da professionista serio quale è. Allo stato attuale il livello di ottimismo è sicuramente calato, ma resta la speranza di recuperare uomini chiave che hanno un importante peso all’interno del gruppo squadra. Senza smettere di ripetersi in testa che…il calcio è strano e imprevedibile e, soprattutto, che in un modo o nell’altro alla fine della tempesta c’è sempre il sole. Anche quando si parla della tempesta che da giorni si trattiene vorticosamente su Napoli.
Granada-Napoli: la situazione “inevitabile” e l’analisi a 360°
