Pillole di Calcio – Quando il Derby del Sole era Napoli-Catania. Il triste arrivederci della società etnea

Clamoroso al Cibali! C’era una volta una piccola ma orgogliosa squadra siciliana che, in una strana domenica, fece impazzire una grande corazzata del calcio italiano e un intero popolo di tifosi. Era il 4 giugno del 1961 e allo stadio Cibali andava in scena Catania-Inter, valevole per l’ultima giornata del campionato di Serie A, nonché ultimo, e non proprio insormontabile, scoglio, per i nerazzurri, per vincere lo scudetto. Contro ogni pronostico, gli Etnei vinsero 2-0, con i gol di Mario Castellazzi e Salvatore Calvanese. Durante la cronaca della gara, lo storico radiocronista Sandro Ciotti avrebbe esclamato una delle locuzioni più celebri del nostro calcio, nella trasmissione Tutto il calcio minuto per minuto. Benché non esistano prove radiofoniche che permettano di verificare se tale espressione sia stata effettivamente pronunciata dal giornalista romano o da altri, essa è entrata comunque nel lessico italiano del pallone per indicare un risultato a sorpresa, in cui a vincere è “Davide” e non “Golia”.
Quel giorno la Catania del pallone si iscrisse definitivamente sulla cartina geografica del Fùtbol, a circa 15 anni dalla sua nuova fondazione, avvenuta nel 1944 e a 61, dal suo nuovo scioglimento, consumatosi definitivamente lo scorso 9 aprile, quando la sezione “fallimenti” del tribunale di Catania ha disposto la “cessazione dell’esercizio provvisorio del ramo caratteristico di azienda calcistica”. Esercizio sportivo che, di fatto, è fallito lo scorso dicembre ma che non ha portato all’immediata esclusione della squadra dal Girone C di Serie C, visto un impegno manifesto di alcuni imprenditori nel rilevare il ramo sportivo della S.p.a Catania. Impegno, a quanto pare, disatteso, dal momento che l’intera somma pattuita in fase d’asta, vale a dire mezzo milione di euro, non è mai stata versata per intero. Vista, dunque, l’assenza di altri compratori, il tribunale ha decretato, stavolta con effetto immediato, l’esclusione della squadra siciliana dal girone C della terza serie italiana, con azzeramento del punteggio ed evidenti stravolgimenti di classifica.

Il Catania, che fino a 8 anni fa onorava i terreni della nostra Serie A, non esiste più e lascia un grande vuoto in un calcio nostrano, già ampiamente deluso per via dei risultati sportivi giunti ad alte latitudini. Diciamo subito che, nel calcio, molto spesso, il concetto di “morte” è abusato al fine di esasperare anche un semplice “momento no”. Una squadra morta è spesso una squadra che non ha speranze di raggiungere un determinato obiettivo, che in mezzo al campo dimostra di non avere idee, frutto di uno spogliatoio spaccato, oppure, come nel caso del Catania, che non è in grado di andare avanti a causa di irrisolvibili problematiche economiche e, pertanto, fallisce. In molti casi, la “morte calcistica” equivale alla “morte della fenice”, ovvero una situazione non irreversibile che porta una realtà a scomparire per poi riapparire, con un nome, una proprietà e degli addetti ai lavori differenti ma con la stessa anima. Catania è una grande piazza, con un calore della gente significativo e allo stesso modo lo sono Firenze, Napoli, Parma, Bari, Avellino, Palermo, tutte città sulle quali ad un certo punto è calato il buio a causa del fallimento della propria squadra di calcio. Nonostante ciò, non è mai mancato chi soffiasse un alito di vita, e non stiamo parlando degli acquirenti bensì dei tifosi, sempre presenti, soprattutto nelle avversità.

È calato anche su Napoli e sul Napoli lo spettro di una “morte calcistica” sopraggiunta il 2 agosto del 2004, dopo la sentenza della settima sezione fallimentare del Tribunale Civile di Napoli che dichiarava la Società Sportiva Calcio Napoli fallita, dopo essersi indebitata per circa 79 milioni di euro. Il successivo 6 settembre la società azzurra venne rilevata da Aurelio De Laurentis, che pagò alla Fallimentare circa 29 milioni di euro, scrivendo le primissime parole di una storia piena di emozioni e non ancora giunta al termine. Nel mezzo di questo “romanzo” sono stati tanti gli incroci con il Catania, tutti in Serie A, a dimostrazione del fatto che il percorso di rinascita dalle proprie ceneri può essere anche più breve e meno tortuoso del previsto. Proprio come il vecchio “nuovo Napoli” targato De Laurentis.

Il primo di questi confronti tra i redivivi Azzurri e i Rossazzurri etnei andò in scena all’allora Stadio San Paolo domenica 25 novembre 2007, quando il neopromosso Napoli di Edy Reja – che quell’anno concluse il campionato con un ottavo posto e con vista sull’Europa – ebbe ragione per due reti a zero del Catania di Silvio Baldini – oggi allenatore del Palermo – che si salvò solo all’ultima giornata. In quella partita furono decisivi gli strappi del Panteròn Marcelo Zalayeta che mise a segno una straordinaria doppietta, grazie anche alla complicità del suo compagno di reparto Lavezzi. L’indimenticabile Pocho Lavezzi fu decisivo anche nella vittoria di misura che il Napoli ottenne sul Catania nella stagione successiva. Al ritorno dalla pausa natalizia gli Azzurri rischiarono di impattare contro una squadra ben messa in campo e per nulla intenzionata a concedere gol, come testimonia anche il rigore che Albano Bizzarri parò a Marek Hamsik. A far crollare la resistenza etnea furono le due frecce del Napoli, quella argentina del Pocho e quella italiana di Christian Maggio, al suo primo anno in azzurro, che dovette solo insaccare a porta vuota per l’1 a 0 definitivo. Il ritorno fu decisamente meno felice per i tifosi del Napoli, che nel frattempo, dovettero fare i conti con una veloce involuzione della squadra, per la quale pagò, con l’esonero, il tecnico della storica promozione Reja. Il risultato fu un 3 a 1 spettacolare per la quantità di occasioni prodotte dalle due squadre e per la bellezza dei gol, su tutti quello di Mariano Bogliacino e del giovane Falconieri, che chiuse la gara con una botta al volo dalla lunga distanza.
In poco tempo, la crescita delle due squadre contribuì a rendere questa sfida sempre più avvincente e a riconsiderare il concetto di “derby del Sole”, circoscrivendolo o al San Paolo o al Massimino. Tuttavia non ce n’era molto di Sole, domenica 25 marzo 2012, quando la sfida fra il Napoli di Mazzarri e il Catania di Montella si rivelò essere un’altalena di emozioni che portò ad un 2 a 2 finale, decisamente amaro per gli Azzurri, per come si era messa la partita. Successe tutto nell’ultima mezz’ora, quando un bolide di Dzemaili stappò la lattina in un pomeriggio piuttosto noioso. Pochi minuti dopo Edinson Cavani arrotondò il vantaggio in favore degli Azzurri, prima che il Catania si rimettesse in partita con il colpo di testa di Spolli e, infine, trovasse il pareggio con Lanzafame a cinque minuti dal triplice fischio.

Al momento, questa sana e pirotecnica dialettica tra Napoli e Catania è ferma al 26 marzo del 2014, quando il Napoli di Rafa Benitez andò a vincere per 4 a 2 al Massimino, contro il Catania di Rolando Maran che, a fine anno, sarebbe retrocesso in B. Bastò un tempo ai calciatori azzurri – in quell’occasione vestiti di giallo – per marcare il territorio etneo, grazie alla doppietta di un giovane Duvan Zapata, di José Callejon e ad un perla di Henrique che inventò una traiettoria di esterno stile “Maggio in Livorno-Napoli”. Il Catania provò ad impensierire il Napoli nel secondo tempo con un uno-due firmato da Monzon e Gyomber (oggi alla Salernitana) ma non gli impedì di portare a casa tre punti fondamentali per l’accesso ai preliminari di Champions League.
Forti, dunque, di questi ricordi indelebili di partite che hanno caratterizzato il nostro calcio, non possiamo che stringerci attorno al popolo di Catania, augurando a loro, e a noi stessi, che l’Italia del pallone ritrovi una delle sue figlie più belle che, proprio come la fenice, rinasca dalle ceneri ed infiammi i cuori della gente.

In foto: Il Pitu Pablo Cesar Barrientos e Gonzalo Bergessio (fonte: gianlucadimarzio.com)