Antonio Conte, la gratitudine del tecnico pugliese: “Napoli, che accoglienza! Io in debito con i tifosi. Ecco cosa vi prometto per il nuovo anno”

Mercoledì 26 Giugno 2024 è una data destinata a restare impressa nelle menti dei tifosi napoletani, il giorno in cui un nuovo ciclo ha ufficialmente inizio con la presentazione di Antonio Conte quale nuovo allenatore degli Azzurri. Il tecnico pugliese è stato presentato in pompa magna alle ore 15:15 al Teatro di Corte di Palazzo Reale, una cornice suggestiva e che ha conquistato il nuovo mister, il quale ha dato inizio alla conferenza stampa ringraziando l’intero ambiente: “Non ho mai visto niente del genere, nonostante abbia avuto una lunga carriera sia da calciatore che da allenatore. Nella mia vita sono abituato a ricevere questo affetto dopo che ho già dato qualcosa, qui invece è successo il contrario. Adesso spetta a me darmi da fare per restituire il calore riservatomi”. Il mister si è poi concesso alle domande dei molteplici giornalisti presenti per l’occasione, donando spunti interessanti sull’avventura che si appresta a vivere sulla panchina azzurra. Questi i momenti salienti della presentazione ufficiale di Antonio Conte come nuovo tecnico del Napoli:

Mister c’è una promessa che si sente di fare ai numerosi tifosi azzurri, in Italia e nel mondo?

“Ciò che mi sento di promettere ai napoletani è la serietà, una parola molto spesso sottovalutata. Prometto la serietà nel trasmettere ai calciatori le mie idee e i miei valori. La massima ambizione che ogni allenatore ha, al di là del vincere e fare la storia, è rendere felici i propri tifosi. I tifosi devono sentirsi rappresentati dalla propria squadra, e il mezzo che abbiamo io e i calciatori per farlo è giocare con uno stile e un atteggiamento che attragga le persone. Nel calcio c’è la vittoria e c’è la sconfitta, ma ciò che non deve mai mancare è l’impegno: quello deve essere massimo, a volte anche oltre il limite”.

Napoli è una realtà notoriamente difficile, ha in mente una strategia per provare a vincere da subito?

“Napoli come piazza è stata, è e sarà sempre passionale. Questa è la peculiarità di Napoli, la grande passione per la squadra e per la città. Noi come gruppo dobbiamo vedere questa passione dei tifosi come una responsabilità e dobbiamo fare il possibile per alimentarla ulteriormente. Il fuoco qui c’è sempre stato, noi dobbiamo cercare di renderlo ancora più grande”.

Che faccia avrà il suo Napoli? E considerando il grande legame che c’è storicamente tra questa squadra e i calciatori sudamericani, cercherete di fare mercato guardando a quella zona geografica?

“La faccia che avrà questo Napoli dovrà essere inca**ata: perché veniamo da un anno in cui niente è andato per il verso giusto, quindi i calciatori dovranno portarsi addosso questa rabbia e questa voglia di rivalsa, a livello calcistico e a livello comportamentale. Sul mercato non guardiamo alla provenienza dei giocatori, che sia Sud America, Africa o Asia ha poca importanza, la priorità è che siano i giocatori giusti per questo progetto”.

Cosa l’ha convinta a scegliere Napoli? C’è stato qualche dettaglio, detto dal Presidente De Laurentiis, che ha fatto scattare in lei qualcosa? C’erano altre squadre su di lei o Napoli è sempre stata la sua unica scelta?

“Sono qui per il progetto che mi è stato offerto. Ho firmato un contratto triennale, il Presidente è stato molto chiaro su ciò che potremo e ciò che non potremo fare, ma gli obiettivi sono importanti. Il Napoli è riuscito a conquistare l’Europa per 14 anni consecutivi, vincendo anche uno scudetto: sono risultati significativi. L’anno scorso è andato molto male e arrivo qui con l’obiettivo di ricostruire e rendere Napoli nuovamente un’alternativa credibile alle solite note: ci vorrà tempo, ci vorrà pazienza, ma io dico sempre ‘chi ha tempo non perda tempo’ e ci daremo da fare fin da subito per tornare a vincere, ponendo delle basi che questa volta possano essere durature. Avevo delle offerte interessanti provenienti dall’estero, ma mi ero già promesso col Presidente di incontrarci a stagione finita per prendere una decisione, ciò che mi ha detto mi ha colpito e mi ha fatto scattare qualcosa dentro”.

Cosa si prova ad allenare una squadra del sud?

“Io sono un uomo del sud, sono nato e cresciuto a Lecce, conservo profondamente le mie origini e le mie radici. Quindi so benissimo cosa significa vivere qui e soprattutto che significato ha il calcio qui. Per me è come ritornare a casa, allenando una piazza importante, è un’opportunità che mi vivo con grande orgoglio e responsabilità”.

Quali sono i tempi in cui si aspetta di essere competitivo per vincere?

“Fosse per me già domani (ride ndr). Detto questo noi dobbiamo essere realisti: è vero, due anni fa si è vinto lo scudetto, ma l’anno scorso il Napoli è arrivato decimo, fuori dalle coppe e a 40 punti dalla vincitrice del campionato. Non si può pensare che basti cambiare allenatore per ribaltare completamente la situazione. Noi sappiamo benissimo che con le solite note non possiamo competere sugli investimenti e sul monte ingaggi. Il gap lo possiamo colmare con la cultura del lavoro: la voglia, la determinazione, il sacrificio, il desiderio di ammazzare sportivamente l’avversario, in questi aspetti noi non dobbiamo essere inferiori a nessuno. Bisognerà aspettare ma spero non tanto, perché la pazienza non è la mia più grande virtù e non sono abituato a fare il comprimario…”

Lei arriva qui a Napoli in un momento difficile, con alcuni giocatori che hanno esposto i loro ‘mal di pancia’ e che potrebbero voler andare via. Come pensa di gestire questa situazione?

“Quando sono cominciati i contatti tra me e il Presidente, prima ancora di parlare di soldi e di tutte le altre faccende contrattuali, ho fatto un’unica richiesta sulla quale sono categorico: devo avere il controllo totale su chi resta e chi può andare via. Lo trovo necessario, anche perché ci stiamo mettendo in bocca parole importanti come ricostruzione e riscatto, ma se i giocatori più forti vanno via è un controsenso. Devo dire che la società mi ha capito e accontentato al 200%, e sono felice di essere qui. Ho contattato tutti i giocatori perché sentivo il bisogno di raccontargli la mia idea tattica e volevo sentire cosa avessero da dirmi. Li ho ascoltati ma ci tengo a dire che se hanno dei problemi pensino a come risolverli, perché alla fine decido comunque io, questo voglio che sia chiaro a tutti”.

Parlando più nello specifico di Osimhen, qual è la situazione per quanto riguarda quello che è stato una colonna importantissima del terzo scudetto?

“Ci tengo a fare una puntualizzazione sui nomi di cui si sta parlando maggiormente in questo periodo: Di Lorenzo è un calciatore top, capitano del Napoli con cui ha vinto uno scudetto, ha vinto un Europeo con la Nazionale, ma è anche un ragazzo straordinario e lo considero un elemento molto importante nello spogliatoio; su Kvaratskhelia io penso che la scorsa stagione abbia dato vita a delle dinamiche poco chiare e limpide, è normale e può capitare quando succedono delle difficoltà, ma qui siamo tutti uomini e le difficoltà si affrontano con grande rispetto reciproco e con forza di volontà. Osimhen è un calciatore di altissimo livello, ma quella è una situazione differente: il giocatore ha preso accordi con il Club prima del mio arrivo, questi accordi mi sono stati illustrati dal Presidente in fase di trattativa, li ho accettati e quindi su quello non metto bocca”.

In passato lei ha citato una frase del suo amico Pantaleo Corvino: “Nella vita si può sbagliare la scelta della moglie, ma non quella del portiere e dell’attaccante”. Sull’attaccante ha già risposto, per quanto concerne il portiere invece quali sono le sue idee su Meret e Caprile?

(ride ndr) Sì, diciamo che nella colonna vertebrale della squadra ci sarebbero anche il difensore e il centrocampista, ma il significato della frase è ben chiaro. Meret per me è il portiere del Napoli, ho già parlato con il calciatore e lui sa benissimo cosa mi aspetto da lui, dal punto di vista personale, il ragazzo ha grandi potenzialità e io ci faccio affidamento. Caprile già lo seguivo da un po’, ha fatto un percorso di crescita notevole tra Bari ed Empoli, sono molto curioso di vederlo da vicino. In generale, penso che il Napoli abbia due portieri di ottimo livello per i prossimi anni”.

Lei in passato è arrivato alla Juventus che l’anno prima era finita settima, e ha vinto 3 scudetti consecutivi; è arrivato al Chelsea, decimo l’anno prima, e ha vinto la Premier League; è arrivato all’Inter, che non vinceva da dieci anni, e ha vinto lo scudetto al secondo tentativo. Nota qualche similitudine tra Napoli e le situazioni precedenti che ha vissuto da allenatore?

“L’unica situazione che trovo simile è quella del Chelsea, che aveva vinto la Premier due anni prima e chiuse la stagione successiva al decimo posto, poi arrivai io e vincemmo di nuovo il campionato. Quella fu un’impresa pazzesca, anche perché lo sappiamo tutti, in Premier League ci sono delle superpotenze in enorme quantità. Non posso promettere la vittoria immediata, ma posso promettere un progetto che possa portare alla vittoria. Dopo l’anno scorso dobbiamo stare zitti, testa bassa e pedalare, dobbiamo riscattarci tramite le azioni in campo. Sono una persona a cui piace l’essenziale, non voglio parlare molto ma preferisco che i fatti parlino per me”.

Napoli è una città che vive il calcio in maniera fortemente identitaria. Benedetto Croce diceva: “Io di calcio non capisco niente, ma quando vince il Napoli sono più contento”. La città inoltre è in forte crescita dal punto di vista economico e non solo, tant’è che il suo arrivo viene visto come coerente con questo percorso di miglioramento della città: questo aspetto le mette un po’ di pressione oppure la vede come un ulteriore stimolo?

“Napoli è una città bellissima, unica al mondo. Merita di vivere la crescita dell’ultimo periodo perché è giusto che una città del genere risplenda. La passione di questa piazza non si può spegnere e prescinde da giocatori, allenatori e società, è una realtà malata di calcio e noi dobbiamo alimentare questo entusiasmo. Sarò sincero, il calcio non ha niente a che vedere con la crescita economica di una città, le due cose possono andare di pari passo ma è compito di chi governa assicurarsi che l’economia di questo posto sia florida, così come stanno ottimamente facendo in questo periodo. Spero che la crescita economica di questa città possa proseguire e che possa essere accompagnata da un Napoli di uguale livello”.

Dato il grande trasporto di questa piazza, si può dire che sia la sfida più intrigante e stimolante della sua carriera?

“Sicuramente è una sfida che arriva nel momento giusto, perché sono in un punto della mia vita in cui voglio genuinamente godermi tutta questa passione che sto trovando, e voglio dare tutto me stesso per ricambiare questo affetto. In molti mi hanno chiesto se avessi paura di venire a Napoli, ma io penso che non ci sia niente di cui avere paura. Nella vita non mi ha regalato mai niente nessuno, tutto ciò che possiedo l’ho ottenuto tramite il duro lavoro e il sacrificio, questo è ciò che mi hanno trasmesso i miei genitori e questo è ciò che ogni giorno cerco di trasmettere a mia figlia e ai miei calciatori. Il Signore ci ha donato il talento, ma il talento senza l’impegno e l’ossessione di migliorarsi costantemente non è niente”.

In che percentuale si aspetta di avere la squadra al completo, all’inizio del ritiro prestagionale? Vuole commentare le parole di Romelu Lukaku, che l’ha definita il migliore allenatore che abbia avuto, affermando inoltre che avrebbe piacere a lavorare nuovamente con lei?

“Io penso che dopo una stagione del genere, in cui tutto sembra andare male, sia fondamentale non lasciarsi prendere dal panico ed essere freddi, lucidi nelle analisi. Io penso che la maggior parte della rosa verrà confermata, perché ritengo che la mia migliore qualità sia quella di riuscire a migliorare i calciatori, e penso che qui a Napoli la base sia buona. Poi è chiaro, ci saranno dei movimenti sia in entrata che in uscita, dopo gli Europei. Per quanto riguarda Lukaku, lui è come Osimhen: si tratta di calciatori eccellenti che puoi solo ammirare, è sempre meglio averli nella propria squadra che contro”.

Quale sarà il reparto che vedrà il maggior numero di modifiche? Buongiorno può essere un nome valido per la difesa?

“Io penso che i numeri non dicono la verità assoluta, ma dicono delle cose che possono farti fare delle riflessioni importanti. Il Napoli ha subito 48 goal l’anno scorso, la decima peggior difesa, e guarda caso siamo arrivati decimi in classifica. Un dato sconcertante è pero un altro: il Napoli ha subito 21 reti in trasferta, è la quinta miglior difesa in tal senso; tuttavia, le reti subite al Maradona sono 27, è la quindicesima miglior difesa in casa. Questo dato non è accettabile, non ho mai visto una squadra vincere o qualificarsi in Champions subendo tutte queste reti, di conseguenza è un aspetto su cui bisognerà lavorare pesantemente. Io penso che quando subisci un goal la colpa non è dei difensori e del portiere, così come quando segni o non segni non è unicamente responsabilità dell’attaccante, si tratta sempre di come la squadra lavora, o a volte non lavora, in fase difensiva e offensiva. La chiave è sempre l’equilibrio, un calcio solo offensivo non ti porta da nessuna parte, così come un calcio solo difensivo. I nomi che girano sono tanti, sicuramente faremo un ricambio generazionale che ci aiuti a migliorare ciò che si è visto l’anno scorso”.

La squadra ha bisogno di dimenticare la stagione appena passata e di aprire un nuovo capitolo. Per quanto concerne la difesa, lei pensa di attuare una rivoluzione, proponendo la sua brevettata difesa a 3?

“Io non penso che dimenticare sia la parola giusta. Il dolore che si prova va portato dentro, va custodito, perché a volte può essere la molla che ti spinge a migliorare. Per quanto concerne il discorso tattico, vedrò in base alle caratteristiche dei giocatori, soprattutto offensivamente abbiamo dei ragazzi con delle peculiarità precise: mai in vita mia potrei snaturare i calciatori per inseguire cocciutamente le mie idee. Sicuramente voglio una squadra duttile tatticamente, ma sono discorsi relativi perché anche se una mia idea di base me la sono fatta, voglio in primis vedere i giocatori da vicino”.

La grande durezza dei suoi allenamenti è cosa nota, ritiene che non giocare le coppe possa essere un vantaggio per allenare i ragazzi anche durante la settimana?

“Ho sempre sentito di questa proverbiale durezza dei miei allenamenti, ma credo sinceramente di allenare il giusto. O sono gli altri che non allenano… Perché se devo comparare gli allenamenti che faccio fare con quelli che facevo io da giocatore, forse oggi si fatica un terzo. E mi va benissimo così, perché mi rendo conto che nel calcio odierno si usi molto di più la palla anche in allenamento, rispetto che ad altri metodi basati sulla prestanza atletica. Ma io credo che la fatica sia fondamentale, perché nella difficoltà tu capisci chi sei veramente, scopri nuovi lati di te e ti spingi dove non pensavi di poter arrivare, questa è la filosofia che c’è nei miei allenamenti, filosofia che ho imparato anche grazie a un figlio di Napoli che mi ha allenato in passato, Giampiero Ventrone, e che oggi purtroppo non c’è più. Sono valori che ho appreso e che trasmetterò sempre”.

Parlando di moduli e di duttilità tattica, Kvaratskhelia ha mostrato ottime cose due anni fa nel 4-3-3, nel caso in cui dovesse rimanere lei ritiene che potrebbe essere ugualmente efficace anche in un 3-4-2-1?

“Nessun se, Kvara rimane. Punto. Sento delle perplessità ma non ci devono essere, sono stato molto chiaro e su questo non transigo. Non è un capriccio volerlo tenere, si tratta di un giocatore fortissimo e che voglio nella mia squadra. Sicuramente si tratta di un giocatore che sulla fascia si è dimostrato grandioso nel saltare l’uomo, ma anche quando viene in mezzo al campo è in grado di diventare un fantasista. So come voglio utilizzarlo, sono consapevole che il giocatore non va tenuto troppo tempo lontano dalla fascia perché altrimenti perde la sua freschezza e libertà mentale. A parte Kvara, abbiamo vari giocatori come Politano, Ngonge e Lindstrom, che sono in grado di saltare l’uomo sia sulla fascia che dentro al campo, dobbiamo assecondare tutte queste caratteristiche. Io ho un’idea chiara, dovremo decidere a seconda delle varie occasioni se difenderci a cinque, perché alcuni avversari sono molto forti offensivamente, oppure in alcuni casi a quattro accettando l’inferiorità numerica, ma per quanto concerne la costruzione offensiva, so già cosa voglio attuare”.

Zlatan Ibrahimovic l’ha definita più un manager che un allenatore, cosa ne pensa di quest’affermazione?

“Io nutro sempre grande rispetto per tutti e sono sempre molto onesto. Lui ha detto che sono più un manager e anche io mi considero tale. Non voglio limitarmi al campo, voglio avere voce in capitolo su ogni aspetto, ogni decisione da prendere, forse questo poteva dare fastidio da qualche altra parte…”.

Negli Europei attualmente in corso, tra le file dell’Italia vi è la presenza, oltre che dei già citati Meret e Di Lorenzo, anche di Raspadori e Folorunsho. Hai intenzione di lavorare con loro, portando avanti il percorso di crescita che hanno avviato?

“Assolutamente sì. Folorunsho si è reso protagonista anche lui di un grande percorso di crescita che lo ha portato fino in Nazionale, ha capacità fisiche importanti e sono molto curioso di conoscerlo. Raspadori ha grandi qualità tecniche e ha margini di crescita importanti, con cui si può costruire qualcosa di interessante. Ma io voglio completare il percorso di crescita di tutti i ragazzi, non solo di loro due: io penso che fino al giorno del tuo ritiro puoi sempre migliorare in qualcosa, l’importante è che ci sia la volontà sia da parte dello staff sia da parte del calciatore in sé”.

Come lavora Antonio Conte? Come pensa di ottenere quella scossa di cui l’ambiente ha bisogno?

“Dando l’esempio. Ho sempre agito in questo modo e sempre lo farò. Quando ti trovi a comando di un gruppo il rispetto non lo ottieni mai chiedendolo, ma grazie alle azioni che compi e all’esempio che dai. Io sono sempre disponibile, do tutto ai calciatori ma loro mi devono dare tutto. Se non vengo corrisposto mi arrabbio molto, e lì capisco che quella persona non è adatta a lavorare con me. Perché all’inizio è sempre tutto rose e fiori, sono sempre tutti disponibili, ma poi arrivano le difficoltà, il sudore, le lacrime, e lì in tanti abbandonano. Funziona come nel ciclismo, c’è la salita e piano piano ne rimangono sempre meno. La cosa fondamentale invece è rimanere, resistere nelle difficoltà e proseguire nel percorso, questa si chiama mentalità. Ed è la mentalità che ti rende un vincente”.

Questa squadra aveva un’enorme considerazione di sé, ma ciò è stato completamente sgretolato nella stagione appena terminata. Come pensa di ricostruire l’autostima del gruppo?

“Questa squadra ha vinto lo scudetto due anni fa, è chiaro che ci devono essere per forza di cose delle qualità insite nei giocatori. Io però sottolineo una cosa: questa squadra si è trovata a dover gestire un successo per la prima volta. Credetemi, è totalmente diverso dal gestire un secondo, un terzo o un quarto posto. Quando tu vinci cambia tutto, qualsiasi cosa è differente, ci sono gli onori e tutti ti dicono quanto sei bravo e quanto sei bello, ma ci sono anche gli oneri e quelli sono tutta un’altra storia da gestire. Mi sembra evidente che il successo non sia stato gestito nella maniera corretta, sotto nessun punto di vista. Noi dobbiamo lavorare con un doppio obiettivo: tornare a vincere, e questa volta gestire meglio la vittoria”.

Lei otto mesi fa a Trento disse: “Quando tornerò sarà un problema per tutti”. Cosa sente di aggiungere adesso ai suoi avversari?

“Non voglio aggiungere niente perché come ho detto prima è il momento dei fatti, non delle parole. Ora siamo qui belli comodi, potremmo dire una vagonata di cose che sono sicuro ci spiattellerebbero in faccia in pochissimo tempo. Mi ha dato fastidio da esterno cosa è successo a Napoli l’anno scorso, figuriamoci cosa prova chi ha vissuto tutto questo in prima persona. Dobbiamo agire, non parlare, perché io non sono qui per fare la statuina del presepe. Posto che anche la statuina del presepe, quando ancora non ho fatto niente, mi emoziona molto e ci tengo a ribadire che ho un grande debito nei vostri confronti”.

Il Napoli di Conte come sarà, dal punto di vista del gioco? Visto che lei è visto notoriamente come un allenatore che dà priorità al risultato a discapito del bel gioco, che invece è stato simbolo di allenatori storici della piazza come Sarri e Spalletti.

“Le discussioni su giochisti e risultatisti sono cose più per voi giornalisti, ma me interessano il giusto. La priorità è entrare nel cuore dei tifosi, e ci riesci quando quello che fai piace, colpisce. Sono stato in tanti posti e sono sempre entrato nei cuori delle persone, sono stati scritti dei pezzi di storia e questo è importante. So che molto spesso, quando le mie squadre hanno vinto, sono state miglior attacco e miglior difesa, facendo un gioco consequenzialmente bello ed efficace. Molto spesso si va dietro al fumo, ma la concretezza è sempre la cosa più importante”.

Cosa sente di promettere al Presidente De Laurentiis?

“Abbiamo fatto una conferenza di promesse (ride ndr). Scherzi a parte, non posso promettere di dire sempre la cosa giusta, perché posso anche vedere qualcosa in maniera sbagliata, ma posso promettere di dire sempre quello che penso. Sono una persona estremamente diretta, penso che il Presidente se ne sia accorto e che lo apprezzi, non mi piace dire le cose per vie traverse. Sono molto chiaro con la società, con i media e anche con i tifosi, sempre. Oggi ho parlato molto perché è giusto conoscerci, ma generalmente per me più si fa, meno si dice e meglio è”.

Il Presidente ha detto di aver imparato lo scorso che è giusto lasciar andare chi vuole andare via. Lei ha aggiunto oggi che avrà controllo totale su arrivi e partenze. Se un giocatore che lei vuole tenere affermerà di essere scontento e voler andare altrove, come pensa di comportarsi?

“Io un’altra cosa che voglio cambiare, in questi miei tre e spero anche più anni qui, è che Napoli deve essere vista non come una tappa di passaggio, ma come una meta. Se ogni anno arriva qualcuno col mal di pancia e lo ascoltiamo, che cosa si costruisce? Se un giocatore è scontento sta con me. Può mettersi al mio fianco, ci raccontiamo qualcosa, mi dà una mano negli allenamenti, troviamo qualcosa di divertente da fare. Non ho mai capito il discorso dell’essere scontento, la decisione riguardo a qualsiasi calciatore sarà solo ed esclusivamente mia. Patti chiari, amicizia lunga”.

fonte foto: sito ufficiale SSC Napoli