Dopo Verona-Napoli un aspetto disastroso c’è, e si chiama “allarmismo cronico”: non è ancora tempo di tirare le somme

Il 5 giugno del 2024 il Napoli ufficializza Antonio Conte, si riparte ed un nuovo capitolo della storia azzurra è pronto per essere scritto. Eppure, c’è qualcuno che si dimentica che il nuovo romanzo partenopeo è soltanto all’inizio, e che per essere pubblicato con tanto di finale inaspettato e che ti appaga ce ne vuole eccome. C’è entusiasmo, certo – d’altronde Antonio Conte è Antonio Conte, e con una mossa piuttosto astuta (diciamo pure da De Laurentiis) s’è saputo placare quasi tutto d’un colpo il malcontento dei tifosi -, ma un entusiasmo eccessivo rischia di far dimenticare, quasi non ci fossero mai stati, tutti gli ostacoli e le scelte disastrose operate dal Napoli la scorsa stagione. Che i tifosi debbano fare i tifosi è risaputo, ma, quando al Napoli è rifilato un tris dall’anonimo Verona – che di pericoloso, sulla carta, ha “soltanto” la grinta di Zanetti e la capacità dei padroni di casa di aggredire gli azzurri e di lottare su ogni pallone senza lasciare nulla al caso -, le testate campane dovrebbero continuare a fare il loro lavoro con un certo equilibrio, senza cavalcare l’onda di un malcontento che, se e sì giustificato, è sin da subito cieco e spietato.

Inutile dire che chiunque, sebbene le dinamiche di una società e di una rosa ormai da un bel po’ a lavori in corso, si aspettasse una vittoria – in qualunque circostanza fosse capitata, e nonostante i campanelli d’allarme contro il Modena in Coppa Italia. Inutile dire che il Verona puoi batterlo, magari, anche con Simeone e Raspadori in avanti, anche se si infortuna Kvara e anche se hai Juan Jesus titolare al posto di quello che (Buongiorno) sarà un pilastro della difesa azzurra. Ma l’imperativo necessario a chiunque si arroghi il diritto di metter bocca sulla situazione delicata in casa Napoli dev’essere sempre quello di non farsi accecare dall’impeto e dall’istinto del proprio essere tifosi, e fermarsi a riflettere su quanto di Conte ci sia – o ci sarebbe potuto essere in questo contesto – in queste prime uscite ufficiali di stagione. Occorre, cioè, la giusta dose di razionalità e, soprattutto – un aspetto che a volte sembra mancare eccome nelle narrazioni di gran parte dei quotidiani -, il desiderio di fare il bene del Napoli, di far lavorare l’ambiente con la giusta dose di serenità, di permettere a Conte di potersi concentrare esclusivamente sulla propria rosa, senza la paura che si possa riportare la prima parola-sfogo dettata, sul campo, dall’oggettiva prestazione inaccettabile dei suoi.

Conte non è l’uomo dei miracoli, non lo era Spalletti e neanche, prima di lui, un blasonato come Ancelotti. Per raggiungere certi traguardi serve la collaborazione e la volontà di tutti, dal presidente De Laurentiis, che piano piano s’è fatto da parte, lasciando lavorare con tranquillità – diversamente dall’anno scorso (non era quello che volevano i tifosi?) – staff, allenatore e calciatori, all’ultimo dei magazzinieri. I successi non sono mai costruiti soltanto da una componente, ma dal lavoro collettivo di un gruppo che rema, costantemente e con tutte le forze, nella stessa direzione. Finito sul banco degli imputati – lasciando perdere le voci di chi (fortunatamente soltanto a tifoso) ipotizzi addirittura che Conte possa già dare le dimissioni, chiacchiera da bar insomma – c’è finito il ds Manna, accusato d’essere in ritardo o, forse ancor meno ingiustificatamente, accusato d’aver fatto un pessimo lavoro. Andiamo, dunque, ai fatti.

Manna si mette al lavoro già partendo dalle disastrose operazioni fatte l’anno scorso, ed ha piazzato al momento, esclusi i nomi di quei giovani meno al centro dell’attenzione: Natan, Ostigard, Lindstrom e Zanoli – oltre a Demme e Zielinski -, tre dei quali rappresentavano (se non anche Zanoli) coloro sui quali ripartire lo scorso anno, perché impensabile sarebbe stato “cedere” calciatori praticamente acquistati “poco fa”. A questi, si aggiunge in primis la grana Osimhen, con la società costretta non soltanto a cercare di piazzare il calciatore i cui introiti andrebbero a finanziare quelle pedine delle quali Conte non può fare a meno, ma anche a gestirne i malumori e i capricci, tra Arsenal, sciamani, Chelsea e PSG. E’ legittimo che il Napoli non voglia svalutare il nigeriano, che voglia, cioè, cercare di guadagnarci quanto più possibile – d’altronde si parla sempre di una delle società che ha il migliore tra i bilanci in Italia, e forse anche in Europa – e che, dunque, cerchi di piazzarlo nel migliore dei modi, magari ricavandone, come nel caso dell’ipotetico Chelsea, una contropartita come Lukaku, tanto voluto da Conte. Grana Osimhen a parte, Manna ha comunque da piazzare calciatori come Mario Rui, Cajuste, Folorunsho, Zerbin, Gaetano, Ngonge, oltre ai dubbi relativi alle attuali uniche punte come Simeone e Cheddira. Insomma, mica roba da poco, a maggior ragione se si pensa ad un ds giovane, ma comunque promettente, costretto persino a fare i conti con un procuratore come Giuffredi, a gestire le situazioni-mine vaganti (mediaticamente parlando, e non solo) come, ad esempio, può essere stata quella di Di Lorenzo o quella di Meret.

Dopo gli acquisti di Spinazzola, Buongiorno e Rafa Marìn, divertendosi ad ipotizzare il mercato imminente – qualcuno forse s’è dimenticato che di tempo, fortunatamente ce n’è ancora -, e considerando quanto fosse pretenzioso e quasi utopistico pensare ad una rivoluzione da attuarsi addirittura in quattro e quattro otto, Gaetano e Cajuste potrebbero lasciar posto, stando alle voci di mercato, comunque soltanto ipotetiche, a calciatori come Gilmour e McTominay; in attacco la punta di diamante sarebbe – e forse sarà, per quanto forte sia la volontà dell’allenatore leccese – Romelu Lukaku; considerando pure che, proprio nelle ore in cui si sta scrivendo questo articolo, David Neres è alle prese con le visite mediche per vestire la maglia azzurra. Insomma, sarebbe davvero un mercato da poco, o addirittura da bocciare?. No, tutt’altro. Sarebbe un mercato piuttosto positivo che, se non ha magari sancito la completa rivoluzione della rosa, l’ha però fortemente rimodellata per permettere a staff e allenatore di lavorare finalmente alla rosa che più si avvicini ai propri desideri. Nella ferma considerazione che – ed è disonesto chiunque controbatta a questa affermazione – la mano totale di Conte potremmo vederla soltanto con una rosa al completo, per quanto possa far male vedere Conte col cuore che sanguina, in una circostanza in cui ha già dimostrato quanto vincente sia la sua mentalità e quanto desideri mettersi ancor di più al lavoro per essere il Masaniello di turno, capofila di una nuova rivoluzione azzurra.

Sulla scorta di quest’analisi, appare chiaro che la narrazione di gran parte delle testate campane – e che danno l’assurda sensazione di non vedere l’ora di cavalcare il malcontento dei tifosi che, nel giornalismo ormai social, più facilmente a botta di click (e specie quando si deve andar contro De Laurentiis a suon del refrain ormai consueto del caccia ‘e sorde) e views – sia forse fin troppo allarmante, e come anticipato dal titolo che s’è scelto, di quell’allarmismo cronico che tutto fa meno che piantare i semi della serenità. Così chi parla di catastrofe, come se il Napoli già non si fosse ancora piazzato in Champions o come se Verona-Napoli fosse l’ultima di campionato, alimenta parzialmente uno dei mali che ruotano intorno alla società. E se a farlo sono i tifosi, come già detto in precedenza, importa poco – proprio perché il tifoso fa il tifoso -, ma se a farlo è chi dovrebbe avere un pizzico di lucidità in più, e soprattutto criticare ma senza far venir meno un certo senso di supporto alla causa azzurra, allora tutto finisce nel calderone del già sentito è un’altra stagione fallimentare. Insomma, non è ancora tempo di tirare le somme: per quello si aspetterà il finire della stagione, e certo ci si farebbe grandi risate se questo Napoli poi piazzasse la Champions o si rivelasse, contro ogni pronostico e proprio in virtù dell’assenza di impegni europei, la più fastidiosa tra quelle che lottano per il prossimo scudetto. Solo ipotesi, sia chiaro. E forse di una persona anche più ottimista delle altre, ma che sa che, per ora, tutto l’allarmismo cronico che ruota intorno al Napoli lascia il tempo che trova, e che il finale di mercato rovente può diventare l’assist perfetto per riequilibrare i piatti della bilancia (e anche gli animi dei tifosi azzurri).

Ai posteri l’ardua sentenza. Ricordandosi, però, che i posteri non possono esserci già oggi, esattamente come l’ardua, inaccettabile, ingiusta, se non disonesta, sentenza.

FOTO: SSC NAPOLI