Occhio A – La risalita dei Viola, come il nostro Raffaele Palladino sta provando a svoltare la stagione della Fiorentina

Un’eredità pesante

Che la stagione 2024/2025 si sarebbe rivelata particolarmente complessa per la Fiorentina era intuibile sin dai suoi albori. Per quanto divisivo nella sua integralità tattica, va ammesso che il ciclo di Vincenzo Italiano alla corte della Viola è stato di innegabile successo: pur senza conquistare alcun trofeo, in 3 anni la squadra ha conquistato un settimo e due ottavi posti in campionato oltre a raggiungere soprattutto ben 3 finali, 1 di Coppa Italia e 2 di Conference League. Le tre cocenti sconfitte hanno contribuito ad alterarne il ricordo, ma è innegabile che il percorso fatto sia tra i più importanti nella storia del Club e che abbia posto un’asticella molto complicata, soprattutto per il suo successore.

L’erede di Italiano come ben sappiamo si è rivelato essere Raffaele Palladino, una scelta interessante e che è apparsa per certi versi naturale: campano doc, nato e cresciuto a Napoli, oltre ad essersi fatto le ossa nel settore giovanile del Benevento, si tratta di un tecnico giovane, una promessa del settore con idee tattiche creative e intriganti, e che soprattutto tanto bene aveva fatto nelle ultime due stagioni al Monza, dove ha ottenuto due salvezze tranquille giocando un calcio coraggioso ed efficace anche sui campi più ostici. Lo step in avanti che rappresenta la Fiorentina è un importante banco di prova, sia perché segna il suo debutto nelle competizioni europee sia per l’eredità ingombrante che è chiamato a raccogliere.

Le difficoltà iniziali

L’inizio di stagione, va detto, non è stato dei migliori, complice l’accumularsi di vari fattori: in primis, gli arrivi di tanti giocatori nelle battute finali del calciomercato (di cui per giunta alcuni alle prese con dei problemi fisici) hanno obbligato l’allenatore a pazientare inserendoli gradualmente nel suo sistema tattico, oltre che ad improvvisare formazioni con alcuni evidenti buchi che attendevano di essere colmati dal mercato, in tal senso le prime partite hanno rappresentato un vero e proprio cantiere aperto; in secondo luogo, Palladino ha dato la priorità alla modifica di uno dei principali punti deboli negli anni precedenti, ovvero una difesa spesso troppo alta (anche in momenti delicati delle partite) che portava a contropiedi velenosi e talvolta letali da parte degli avversari. Il tecnico napoletano ha tentato coraggiosamente un cambio di modulo importante, un 3-4-3 che poteva diventare anche un 3-4-2-1 o un 3-5-2 a seconda dei casi. La scelta ha portato problemi di non poco conto in realtà, la squadra ha fatto fatica ad entrare in un meccanismo completamente diverso rispetto agli anni precedenti, e soprattutto la solidità difensiva tanto agognata non è stata raggiunta: i Viola hanno trovato la via della rete con una buona frequenza, grazie all’inserimento in rosa di giocatori importanti come Moise Kean e Andrea Colpani (quest’ultimo fidatissimo del mister che ne ha chiesto personalmente l’acquisto) oltre all’ormai assicurata bravura del tecnico nel creare un calcio offensivamente fluido e d’impatto con qualsiasi materiale a disposizione; tuttavia i problemi difensivamente si sono rivelati essere molteplici, per impostare il modulo a 3 difensori sono stati adattati giocatori poco abituati al ruolo come Biraghi braccetto di sinistra e Ranieri centrale in mezzo ai braccetti, a cui si è aggiunta la problematica esterni: Dodò e Parisi, da sempre abituati ad agire da terzini in una difesa a 4, hanno faticato non poco nell’avanzamento ad esterni di centrocampo, soffrendo la chiamata a tornare costantemente da un lato all’altro del terreno di gioco. L’inghippo sulla carta sarebbe dovuto essere parzialmente risolto dall’arrivo di Robin Gosens ma il tedesco, seppur sempre una garanzia sul fronte offensivo (1 goal e 1 assist nei suoi primi 180 minuti in maglia viola), difensivamente ha bisogno di essere aiutato ed assecondato dal sistema, cosa che nella Fiorentina sperimentale di inizio stagione è successa con esiti ben diversi da quelli dell’Atalanta dei tempi d’oro.

Il momento della svolta

Il bilancio delle prime sei partite e mezzo è stato decisamente altalenante: 9 reti fatte, 11 reti subite, 1 sola vittoria (ai rigori nei Play-Off di Conference League contro la Puskas Akademia), 4 pareggi e 1 sconfitta. Come si tenta la risalita dopo un avvio così difficoltoso? Raffaele Palladino decide di dare la svolta il 22 Settembre alle ore 13:15 circa: siamo all’intervallo di Fiorentina-Lazio, lunch match della quinta giornata di Serie A, con la Viola sotto nel punteggio 0-1. La conclusione dell’allenatore è che per cambiare passo bisogna modificare l’approccio mentale: cercare un sistema perfetto che risolva tutti i problemi risulta solamente nocivo, bisogna accettare i difetti e le debolezze congenite della rosa valorizzandone i punti di forza, ciò che ha sempre funzionato negli anni precedenti, provando magari a migliorare smussando gli angoli. Ecco quindi che la Fiorentina torna in campo con il modulo dell’anno precedente, un ben più coraggioso 4-2-3-1, e soprattutto con in campo un nuovo e importante acquisto che fin lì era mancato: Albert Gudmundsson, eroe della passata stagione al Genoa e arrivato col compito di migliorare il reparto offensivo dei toscani. Il giocatore islandese ha contribuito a ribaltare la partita con una prodigiosa doppietta, oltre che a dare un senso totalmente nuovo alla squadra che è apparsa rinata. Da quell’intervallo del 22 Settembre sono passate 3 partite e mezzo, in cui le medie e i numeri della Fiorentina sono migliorati in maniera vertiginosa: 6 goal fatti, 1 solo subito, ben 3 vittorie e 1 solo pareggio.

In cosa la Fiorentina di Palladino differisce da quella di Italiano?

A un occhio più superficiale potrebbe sembrare che Palladino si sia limitato nel momento di difficoltà a fare un passo indietro tornando al modulo del collega che lo ha preceduto, una sorta di ritorno “alle impostazioni di fabbrica” per dirla in termini tecnologici. Niente di più sbagliato, Raffaele Palladino è un tecnico moderno e dalla mentalità aperta, pronto ad ammettere gli errori e malleabile dal punto di vista tattico.

Per rispondere alla domanda, dobbiamo partire da quella che è la base di una squadra, il portiere: l’arrivo di David De Gea ha portato tanto entusiasmo ma anche un buon numero di dubbi e di perplessità, in primo luogo sulla sua forma fisica dopo essere rimasto un anno fermo, di conseguenza abbiamo assistito ad un’alternanza tra lo spagnolo e Terracciano. A lungo andare, De Gea si è dimostrato idoneo alla titolarità e Palladino gli ha così dato piena fiducia negli ultimi impegni: i benefici si sono visti non solo sul piano della sicurezza da parte del reparto difensivo nell’avere un punto fermo alle spalle, ma anche dal punto di vista tattico grazie alle indiscutibili abilità di De Gea con il pallone tra i piedi, che permette nuovi scenari e una costruzione molto più oculata e precisa partendo dal basso.

In secondo luogo, sulle fasce Dodò ha beneficiato di un sistema più equilibrato, mentre per aiutare il fronte offensivo è stata presa una decisione pesante ma efficace, quella di sacrificare il capitano Biraghi per confermare la titolarità di Gosens. In generale la difesa appare meno spregiudicata che in passato, più dinamica nel comprendere i momenti delle partite e ad adeguarsi di conseguenza, alzando e abbassando il baricentro a seconda dell’evenienza.

Il centrocampo ha trovato un giusto equilibrio tra la quantità portata dai vari Mandragora, Cataldi e Bove (alternati sapientemente tra le varie competizioni) e la fantasia unita agli inserimenti offensivi di Adli e Colpani: il primo, acquistato dal Milan dove non aveva trovato molto spazio, appena entrato in condizione fisica ideale è diventato da subito un fattore di primaria importanza, dimostrandosi giocatore di pregevole fattura tecnica e in grado di incidere sulle sorti della squadra; Colpani dal canto suo è diventato un vero e proprio jolly tattico, sulla carta esterno alto a destra, nel concreto in realtà con licenza di muoversi anche verso il centro del campo diventando una mezzala aggiunta nel momento del bisogno, trasformando il sistema di gioco in un mix tra 4-2-3-1 e 4-3-3, dinamismo consentito anche grazie a quello che è il giocatore simbolo della fluidità del suo allenatore.

L’attacco è sorretto non solo dalle reti di Moise Kean (alla ricerca del riscatto dopo tre anni difficili alla Juventus) ma anche e forse soprattutto dall’apporto del sopracitato Gudmundsson: giocatore richiesto con forte insistenza da Palladino che ne aveva già chiaro in mente l’utilizzo, in poche partite ha già ricoperto tre ruoli (trequartista, esterno sinistro e punta di supporto), il suo stile di gioco si è dimostrato essere linfa vitale per ciò che chiede il mister alla squadra, ovvero propensione all’adattamento e quell’efficacia offensiva che a tratti era mancata nelle precedenti annate. La presenza sul terreno di gioco di una vera e propria mina vagante come l’islandese, capace di muoversi sull’intero fronte offensivo privando le difese avversarie di punti di riferimento, permette anche agli esterni viola come Sottil, Kouamé e Ikoné, tutti importanti tatticamente ma carenti dal punto di vista realizzativo, di giocare con meno compiti di finalizzazione potendosi concentrare sul creare il maggior numero possibile di occasioni per il tandem Kean-Gudmundsson, apparentemente in grado di risolvere ciò che mancava nel recente passato.

Tra speranze e obiettivi

Dopo la sosta sarà interessante osservare se gli evidenti progressi dell’ultimo periodo troveranno ulteriore continuità, in tal caso la Fiorentina potrebbe imporsi come una delle sorprese di questo campionato, con due obiettivi ben chiari in mente: ottenere il quarto piazzamento europeo consecutivo e fare un percorso di livello assoluto in Conference League, dove dopo due finali consecutive i Viola sono ormai affermati tra i grandi protagonisti e cullano il sogno di alzare un giorno l’ambito trofeo. Il nuovo progetto, seppur partito in sordina, promette molto bene e potrebbe regalare grandi emozioni ai tifosi, dimostrandosi all’altezza del suo predecessore.

fonte foto: sito ufficiale ACF Fiorentina