E alla fine arrivò dicembre, a portarsi via questo 2024 yin e yang che il Napoli ha vissuto nel mare in tempesta della stagione passata – aggrappato (male) ad uno scudetto già scucito – e che ora lo vede in viaggio per riveder le stelle, in un Purgatorio che sa tanto di Paradiso.
Antonio Conte ha ridato credibilità ad ogni singola particella dell’area sportiva e anche quella non-sportiva, capitanata dal patron De Laurentiis, se ne sta sorniona alla giusta distanza, senza bisogno di intervenire perché tanto a Castelvolturno quanto al Maradona c’è chi conduce bene la barca in porto.
Premessa doverosa, questa sopra, per dire che il Napoli ha bruciato le tappe in fretta e la bufera dello scorso anno è solo un apostrofo sbagliato, che non dovrebbe esserci: come quello tra “qual” ed “è”, oppure tra “un” e “allenatore”. Perciò, qual è un allenatore che in così poco tempo avrebbe saputo cancellare l’onta della stagione ’23-’24? Antonio Conte. E lo ha preso il Napoli. Oggi, 30 novembre, gli azzurri sono primi dopo un poker di partite proibitive, nelle quali sono riusciti comunque a portare a casa un bottino di sette punti su dodici disponibili. Alle vittorie Milan e Roma – senza subire gol e sapendo soffrire alla maniera delle squadre del tecnico leccese – hanno fatto da contraltare i crush test contro Atalanta e Inter, due vere contendenti il tricolore. Eppure, dopo quattordici giornate, la classifica recita “primo posto” e adesso il terreno appare leggermente meno sdrucciolevole.
Occhio però all’insidiosa trasferta di Torino contro una squadra ferita contro quella di Paolo Vanoli. Se solo due mesi fa esaltavamo l’allegra e fresca compagnia granata, con individualità come Saul Coco in difesa e Vanoli stesso, oggi invece si può toccare con mano la depressione calcistica di un ambiente intero. Il Torino, con addetti ai lavori e tifosi, è intrappolato da anni in questo infinito giorno della marmotta dove tutto si ripete nella sua monotonia e nella mediocrità di una squadra mai capace di eccellere e invece inchiodata in quel limbo dimenticabile tra il decimo e il quindicesimo posto. Ma ripartiamo proprio da Vanoli.
Paolo Vanoli conosce bene Antonio Conte, per essere stato nel suo staff, ad esempio nell’anno dello scudetto interista del 2021. L’ex tecnico del Venezia è e resta una garanzia umana, che ha dovuto subire una serie di gestioni pittoresche all’interno del club come l’addio di Buongiorno e l’addio improvviso di Raoul Bellanova che da MVP con il Torino contro il Milan del 17 agosto si ritrova con indosso la maglia dell’Atalanta. Per non parlare poi del caso Borna Sosa, esterno croato, infortunatosi a metà ottobre e dato per lungodegente quando, invece, si trattava di una botta. “Abbiamo sbagliato la prima diagnosi. Quando parlo di mediocrità mi riferisco anche a queste cose, dobbiamo migliorare tantissimo. Se si vuole arrivare ad alti livelli tutte le aree devono crescere, bisogna raggiungere tutti uno step successivo. Dobbiamo imparare a non sbagliare, perché anche i dettagli fanno la differenza”. Questo lo sfogo del tecnico contro lo staff medico, emblema di un ambiente mesto e a cui non basta la cura Vanoli per ridestarsi. Eppure, la sorte non è stata benigna perché il più grande valore di questa squadra, ovvero l’attaccante Duvan Zapata, lo scorso 5 ottobre, a San Siro contro l’Inter, ha subito la rottura del crociato, dicendo addio anzitempo alla stagione. Il Torino, al momento, è all’undicesimo posto in classifica, con quindici punti e la sensazione è che, in caso di nuovi e ravvicinati risultati negativi, a pagare per tutti, possa essere proprio Vanoli.
A casa di un Toro ferito, la capolista Napoli cerca di mantenere il suo primato, in una giornata di campionato che potrebbe essere cruciale perché le due compagini più pericolose, ovvero Inter e Atalanta, sono impegnate in due trasferte ad alta tensione contro Fiorentina e Roma, rinfrancata dall’ottima prestazione di coppa contro il Tottenham.
Torino e il Torino, per gli Azzurri, rappresenta poi da sempre un punto sensibile. Fateci caso: la grandezza di una stagione azzurra la si può misurare dalla qualità della sfida ai granata. È come se i granata, nel loro essere sempre arcigni e difficili da affrontare, diano da sempre la misura di cosa sia il Napoli di quella particolare stagione. In un Saturday night pasquale del 2013, i Mazzarri boys sbancarono l’Olimpico contro il neopromosso Toro di Ventura rimontando e portando a casa un 5-3 a modo suo storico grazie alla tripletta di Dzemaili e alla doppietta di Cavani. Negli anni della grandeur sarriana, Hamsik e compagni sono sempre usciti vittoriosi dalla tana granata e talvolta dispensando spettacolo come in occasione del 5-0 rifilato ai ragazzi di Sinisa Mihajlovic grazie ai gol di Callejon (x2), Mertens, Insigne e Zielinski. Altro 4-0 di puro fùtbol, quello dell’anno dello scudetto, con Kvara e Osimhen sugli scudi e perfino una comparsa come Ndombelé a far gol e ad entrare nel libro di storia del terzo scudetto. Invece, negli anni bui, come quello di cui sopra, Torino è stata la fatal Torino: ad esempio nel 2008-2009, il Napoli di Reja e Donadoni, vuoto e senza ambizioni, regalò ben sei punti ad una squadra che poi sarebbe retrocessa. Vuoto, senza spirito, ma con un tricolore sul petto, il Napoli di Walter Mazzarri che, solo undici mesi fa, alzava bandiera bianca contro l’ultimo Toro di Juric, vittorioso per 3-0. Le aveva eccome le ambizioni il Napoli di Benitez del 2015 ma erano decisamente più rivolte verso l’Europa League. Ne approfittò il Torino – allenato sempre da ventura – che portò a casa la gara grazie ad un colpo di testa di Kamil Glik, erodendo sempre di più le speranze di un Napoli che alla fine sarebbe arrivato quinto in campionato e deluso, anche per la cocente eliminazione in semifinale della coppa internazionale.
Ecco le probabili formazioni del match:
Torino: Milinkovic-Savic; Maripan, Coco, Masina; Pedersen, Vlasic, Ricci, Gineitis, Lazaro; Adams, Sanabria. All. Vanoli.
Napoli: Meret; Di Lorenzo, Rrahmani, Buongiorno, Olivera; Anguissa, Lobotka; Politano, McTominay, Kvaratskhelia; Lukaku. All. Conte.