Ha scommesso, Antonio Conte, lanciando in Coppa Italia tutte le seconde linee, non risparmiando nessuno. E, indipendentemente da chi pensa sia un messaggio lanciato alla società o un suo snobbare il torneo, c’è un fattore su cui non si può discutere: il Napoli è ancora in fase di ricostruzione, e tanti calciatori – pur nella consapevolezza che messi tutti insieme, da un momento all’altro, abbiano faticato ad esaltare le proprie qualità per i pochi minuti di gioco – non si può negare che difficilmente possono essere considerati sostituti all’altezza di chi oggi va in campo.
Un punto necessario da chiarire, anche in virtù di quanto è accaduto ieri sera. Per il tecnico salentino forse affidarsi quasi sempre allo stesso undici – anche per assenze di competizioni europee, per le quali la squadra completa non sarebbe certamente stata questa – è forse l’unico modo possibile per centrare la qualificazione in Champions, da sempre l’obiettivo dichiarato della società. Sì, perché se c’è un «problema» Napoli, è facile individuarlo: la voglia di vincere, subito, così enorme da offuscare gli occhi anche di fronte alle parole di un allenatore che ha vinto tanto altrove. Conte non ha fatto altro che dichiarare quanto l’obiettivo principale fosse crescere, spesso sottolineando con cinismo quanto squadre come l’Inter fossero di un altro livello. Ma – e basta farsi un giro sui social – le sue parole sono state interpretate come quelle di chi si nasconde dietro qualche scusante, dietro qualche considerazione priva di fondamento (e quanto detto è tutto fuorché questo).
Ieri sera, però, qualcosa è successo: la conferma di quanto Conte ha sempre ribadito, e cioè che il Napoli ha ancora molto da fare per vincere, per tornare a vincere e per tornare ai livelli che una piazza calda come quella partenopea esige sin da subito. La prestazione degli azzurri non è stata così sotto tono come si vuol credere. La prima chance capita sui piedi di McTominay, i biancocelesti reagiscono in contropiede e pareggiano i conti con l’occasione di Isaksen. Nella ripresa Dele-Bashiru fa tremare il Maradona, e Anguissa pareggia i legni su calcio d’angolo. Tant’è, un braccio di ferro sul terreno di gioco, in cui a tratti ha fatto meglio il Napoli, a tratti la Lazio. La ripartenza che porta al gol di Isaksen ci può stare, d’altronde gli uomini allenati da Baroni sono forse tra le sorprese più grandi di questa stagione, tanto in campionato quanto in Europa League. E in più, ad essere proprio precisi, non c’è neanche da fare chissà quale allarmismo: il Napoli è secondo, alle spalle dell’Atalanta. Certo, ha il settimo attacco delle prime otto per gol fatti, ma la miglior difesa insieme a Lazio, Fiorentina e Juventus.
I sottili allarmi di Conte e i segnali alla piazza, e il calcio fatto di idee

Lo aveva detto, lo dice e lo dirà probabilmente ancora delle volte in conferenza. Antonio Conte è stato chiaro: non si vince con uno schiocco di dita, ma soltanto affidandosi al lavoro e alla volontà di tirare su dalle ceneri il Napoli che fu prima dell’avvento di Rudi Garcia sulla panchina azzurra. Ricostruire, è soltanto questo il verbo che dovrà accompagnare i napoletani lungo l’arco di questa stagione. E questo è il più sincero imperativo che la piazza dovrà accettare, se vuole accompagnare in maniera sana l’avventura dell’allenatore ex Juve e Chelsea sulla panchina partenopea.
Sia chiaro, Conte non è esente da critiche. Gli si dovrà rendere conto dell’utilizzo di Folorunsho e Simeone soltanto nell’extra-time, e dell’anonimo Raspadori che sembra un pesce fuor d’acqua. E, ancora di più, non tanto di cosa rappresenti Lukaku nel Napoli, che resta forse uno dei migliori funzionali ad un gioco che veda un attaccante boa lavorare maggiormente per la squadra, quanto cosa si possa fare quando con questo Lukaku si concretizza poco. E i segnali d’allarme c’erano già quando il Napoli vinceva uno a zero fino a poco fa. Qualcuno sì, potrebbe dire che a Torino il Napoli meritava certamente di più in termini di punteggio, fatto sta che ha concretizzato soltanto l’occasione del gol di McTominay.
In conclusione, dunque, le considerazioni da fare sono due: la piazza deve stare accanto alla squadra e con l’allenatore, ciò significa che le critiche devono essere razionali e guidate dal giusto spirito critico, che non si limiti sempre a far prevalere la parte di sé più tifosi e desiderosi di una vittoria immediata; Conte, però, ha il dovere morale di fare di tutto per riportare il Napoli in Champions. Lo scudetto è un sogno, per ora, e lo sarà a meno di sorprese. E no, non basta l’eliminazione del Napoli dalla Coppa Italia per individuare un favorito. Al termine della stagione, il tecnico salentino dovrà rendere conto della propria annata in primis ai vertici societari, la cui intenzione è quella di ritornare in Europa. Semmai poi, con le dirette concorrenti impegnate su più fronti, gli azzurri dovessero trovarsi lì a giocarsela per lo scudetto soltanto allora se ne riparlerà. Adesso, però, tocca tenere i piedi per terra. E la lezione di calcio di Baroni lo ha ricordato, sottolineato ed evidenziato. Le somme vanno tirate a fine stagione, e Conte ha tutte le qualità per riportare il Napoli laddove quanto meno ci si possa dimenticare del decimo posto della scorsa annata.
FOTO: SSCNAPOLI