Quella in programma alle ore 18:00 di Sabato 15 Febbraio allo Stadio Olimpico è senza dubbio una partita di grande importanza per gli equilibri e per il prosieguo del campionato. Lazio e Napoli stanno conducendo, seppur in posizioni diverse, dei percorsi fin qui soddisfacenti e ampiamente sopra alle aspettative iniziali, e per entrambe la sfida rappresenta l’opportunità di portare a casa 3 punti di vitale importanza, nonché di lanciare un messaggio alle altre big della Serie A.
Come arriva la Lazio
I biancocelesti vengono da un buon momento di forma, avendo risposto al ko nello scontro diretto con la Fiorentina tramite 2 vittorie consecutive ottenute contro Cagliari e Monza, successi che gli consentono di posizionarsi al quarto posto in solitaria, a +2 sulla Juventus e +3 sulla sopracitata formazione viola. Mister Baroni può contare su di un gruppo riposato nel corso della settimana, avendo potuto saltare i Play-Off di Europa League complice l’eccezionale percorso nella prima fase, un’ulteriore iniezione di fiducia verso una sfida che a livello statistico sorride non poco ai padroni di casa: difatti, la Lazio ha battuto il Napoli nei due precedenti scontri di questa stagione (3-1 agli Ottavi di Coppa Italia e 1-0 nel match di andata in Serie A). Considerato ciò, è comprensibile che Baroni stia preparando questa partita all’insegna della continuità: fatta eccezione per Patric, Hysaj e Vecino tutti i giocatori sono a disposizione e scenderanno in campo con il consueto 4-2-3-1: ovviamente Provedel in porta; in difesa l’unico ballottaggio è sulla corsia di destra tra Marusic e Lazzari con il primo in vantaggio sul secondo, mentre gli altri tre saranno i soliti Gila, Romagnoli e Tavares; la mediana verrà affidata nelle solide mani di Guendouzi e Rovella; sulle fasce è certa la presenza di Isaksen e Zaccagni, mentre sulla trequarti sarà quasi sicuramente assente Dia per una distorsione alla caviglia destra, con la maglia da titolare che dovrebbe essere presa da Pedro (anche se è ancora vivo il ballottaggio con Dele-Bashiru); davanti non è in discussione la presenza di Castellanos, fresco di un’ottima prestazione contro i brianzoli condita da una rete e due assist.
Come arriva il Napoli
Nonostante la classifica dica ancora che il Napoli si trova al primo posto, il momento attraversato dai Partenopei è decisamente complesso: non solo da un punto di vista prettamente legato ai risultati, con due pareggi consecutivi arrivati contro Roma e Udinese, ma anche per la rosa rimaneggiata sia per l’addio di Kvaratskhelia non rimpiazzato a dovere, sia per una serie di infortuni (Olivera, Spinazzola e Neres) arrivati tutti insieme e in una zona del campo similare che viene così lasciata quasi del tutto scoperta. Mister Conte ha assolutamente bisogno di una vittoria di prestigio, per scacciare le insicurezze e l’alone di negatività portato dagli addetti ai lavori attorno all’ambiente. Data la situazione di emergenza, il tecnico leccese si trova costretto a fare delle modifiche importanti e a tornare al modulo che lo ha accompagnato per oltre un decennio prima che cominciasse la sua esperienza sulla panchina azzurra, vale a dire il 3-5-2: in porta come sempre Meret; terzetto di difesa composto da Rrahmani e Juan Jesus come braccetti mentre al centro vi sarà l’atteso ritorno dal primo minuto di Buongiorno (l’ultima in campo per lui nella sfida contro l’Udinese dello scorso 14 Dicembre); i due esterni di centrocampo saranno Di Lorenzo e Politano (quest’ultimo, nonostante il fatto che sarebbe eventualmente adattato, dovrebbe essere preferito a Mazzocchi) mentre in mezzo al rettangolo di gioco l’ormai irrinunciabile trio composto da Anguissa, Lobotka e McTominay; in attacco, se la presenza di Lukaku è sicura al 100%, è vivo invece il ballottaggio per quello che sarà il suo partner in crime: il favorito dovrebbe essere Raspadori, ma Ngonge sgomita per dimostrare di meritare l’occasione, mentre Okafor non ha i novanta minuti nelle gambe e si accomoderà in panchina.
Il rumore dei nemici
José Mourinho è noto, oltre che per essere uno degli allenatori più vincenti della storia, anche per essere sempre stato un mago della comunicazione, capace di comprendere e di anticipare meglio di tutti le dinamiche dei media e impostando al meglio le fasi più calde della stagione, grazie alle sue parole sempre a bersaglio. Proprio lui, durante il biennio passato all’Inter tra il 2008 e il 2010, fece riferimento al cosiddetto “rumore dei nemici“, vale a dire il tentativo da parte dei diretti avversari di scombussolare l’ambiente altrui tramite affermazioni, provocazioni e talvolta anche accuse, cercando di trarre un vantaggio grazie alla pressione psicologica generatasi.
Mourinho riuscì nell’intento di sfruttare la situazione a proprio vantaggio vincendo quello che tutti conosciamo, ma al di là di ciò contribuì anche a scoperchiare il proverbiale Vaso di Pandora: infatti, sin dall’avvento delle radio e delle televisioni su scala nazionale come principale mezzo di comunicazione, nel calcio come in altri ambiti si è sempre fatto un costante uso della pressione psicologica come metodo base per provare a togliere qualcosa agli avversari. Ciò è andato costantemente ad aumentare nel corso degli anni e anzi, chiunque voglia vincere ai livelli più alti deve mettere in conto di dover affrontare anche questo aspetto: bisogna farsi trovare pronti al rumore dei nemici e bisogna anche essere disposti, quando ce n’è bisogno, a diventare talvolta il rumore dei nemici per qualcun altro.
Questo Conte lo sa benissimo, ha vinto ovunque sia stato e si è seduto sulle panchine più importanti in Italia e all’estero, conosce benissimo le dinamiche di quando la posta in gioco si alza, e col tempo ha imparato a fare un sapiente uso delle parole e degli argomenti chiave: lui per primo si è lamentato del protocollo VAR, che tanto sta facendo parlare di sé in questi giorni per alcuni episodi controversi, tra cui il calcio d’angolo assegnato per sbaglio in Inter-Fiorentina, che ha portato al goal dei Nerazzurri e il rigore che ha concesso il pareggio momentaneo alla Viola. Simone Inzaghi si è lamentato del penalty assegnato ai suoi danni per un intervento che in altre partite non era stato punito; Antonio Conte in maniera diplomatica ha risposto per le rime, affermando che lui si è lamentato in tempi non sospetti parlando a nome anche dei suoi colleghi, mentre la scelta di comodo utilizzata dagli altri è parlare solo quando si è direttamente coinvolti. La polemica come prevedibile si è spostata anche sui social e tra le due tifoserie, con accuse reciproche e pesanti di condizionare l’andamento del campionato: i Partenopei accusano i rivali di approfittare della sudditanza psicologica trasmessa agli arbitri e di manovrare i media d’informazione a proprio vantaggio, mentre gli interisti rispondono accusando Conte e i napoletani di mettere le mani avanti in caso di mancata vittoria finale, omettendo gli episodi arbitrali a proprio favore e a sfavore dell’Inter nel corso della stagione.
Questa interessante quanto acida polemica è in realtà il riassunto più semplice possibile di rumore dei nemici, il segno evidente di quanto nel mondo di oggi le battaglie si giocano non soltanto sul campo, ma anche e soprattutto fuori. Gli allenatori non hanno più soltanto il compito di preparare tecnicamente e tatticamente i propri giocatori, ma devono anche essere comunicativamente efficaci trasmettendo il messaggio più utile in quel momento alla società che rappresentano: Inzaghi non vuole che si parli di Inter favorita avendo l’organico più forte, men che meno che si parli di un’Inter avvantaggiata grazie al proprio status di livello europeo e mondiale, di conseguenza sposta l’attenzione su episodi a lui sfavorevoli, affermando che la cosiddetta “Marotta League” è un’invenzione utile a chi non vince come scusa per il proprio fallimento. Dal canto suo, Conte è un uomo che ha dimostrato più volte la sua intelligenza a 360 gradi, e conosce perfettamente il posto in cui si trova: Napoli è una città estremamente passionale e identitaria, dove il calcio è così importante perché rappresenta un riscatto sociale, e dove le sfide con Inter, Juventus e Milan rappresentano le disparità sociali tra nord e sud Italia. Va’ da sé che eventuali ingiustizie sportive per la piazza sono un simbolo delle disuguaglianze, delle furbizie e in taluni casi anche del razzismo verso il Mezzogiorno, e tali avvenimenti contribuiscono ad incrementare la rabbia, la ferocia, la carica e la voglia di rivalsa all’interno dell’ambiente: se si guarda all’indietro nella carriera di Conte, ci si può facilmente rendere conto di come lui ami creare ovunque vada il clima da “noi contro tutti”, e ha ben compreso che a Napoli può premere sull’acceleratore sotto questo aspetto grazie a delle precise dinamiche socio-culturali presenti sul territorio. Inoltre, in un momento che vede la sua squadra decimata negli elementi e carente di freschezza fisica, è consapevole che far scattare la molla agonistica nel gruppo si può rivelare cruciale per gettare il cuore oltre l’ostacolo e portare in cascina punti di vitale importanza.
I due tecnici sanno che lo Scudetto si gioca anche su questi dettagli, la guerra mediatica andrà avanti finché il campionato sarà matematicamente aperto, e adesso che mancano due settimane allo scontro diretto potenzialmente decisivo si entra nella fase presumibilmente più calda. Le polemiche, le dichiarazioni al veleno e il rumore dei nemici sono destinati inevitabilmente ad aumentare, e i tifosi sono i fieri (anche se non sempre consapevoli) “soldati al fronte” di questo gioco delle parti che lottano per la loro amata causa.
fonte foto: sito ufficiale SSC Napoli
