Italia, per la riscossa Mondiale si sceglie Gattuso, ma sarà abbastanza? Analisi e riflessioni sul movimento calcistico italiano

Ciò che ha raccontato l’ultima sosta per le Nazionali è una verità che molti appassionati già sospettavano silenziosamente ma che si è fatta viva facendo un rumore assordante, senza più poter essere ignorata: l’Italia del calcio sta vivendo un periodo di grandissima crisi, non solo economica e infrastrutturale ma anche nei risultati. Il trionfo di EURO 2021 alla guida di Roberto Mancini ha emozionato tutti, ma è una soddisfazione isolata all’interno di un ventennio mediocre, la cui ciliegina sulla torta all’inverso è rappresentata dalle due mancate qualificazioni consecutive ai Mondiali di Russia 2018 e Qatar 2022.

E, dopo le ultime due partite, si fa vivo lo spettro di una tripletta tutt’altro che perfetta: la batosta subita per mano della Norvegia lascia una sola possibilità all’Italia per concludere il proprio girone al primo posto, ovvero vincerle tutte (compreso l’altro scontro diretto con Haaland e compagni a Novembre) segnando il maggior numero di goal possibile per via della differenza reti. Quest’ultimo obiettivo è già stato parzialmente compromesso dalla seconda partita del girone contro l’avversario sulla carta più abbordabile, la Moldova, battuta soltanto 2-0. La situazione è la seguente: Norvegia 12 punti con +11 di differenza reti, Italia 3 punti con -1 di differenza reti (e due partite in meno disputate fin qui).

Il momento a dir poco complicato ha portato la Federazione a ricercare un cambiamento netto, drastico, esonerando in corso d’opera Luciano Spalletti. Il biennio del tecnico di Certaldo alla guida della Nazionale è stato indiscutibilmente deludente, con un gioco mai ispirato, un Europeo fallimentare e più in generale zero progressi fatti rispetto al momento del suo arrivo. Spesso focalizzato sulle sue idee, radicali anche in momenti dove forse cambiare qualcosa avrebbe fatto bene, e un rapporto conflittuale sia con la stampa che con alcuni giocatori (vedasi il caso Acerbi). Le sue colpe sono molteplici e sotto gli occhi di tutti, ma siamo sicuri che siano le uniche? I dati parlano chiaro: dal successo storico e indimenticabile di Germania 2006, l’Italia ai Mondiali (quando ci è arrivata) non è mai andata oltre la fase a gironi, e di Commissari Tecnici se ne sono visti molteplici: la sensazione è che anche nel calcio sia applicata la politica tipicamente italiana dello scaricabarile, colui che da solo viene etichettato come artefice del fallimento, in modo da nascondere sotto al tappeto problemi strutturali ben più gravi e che richiederebbero un maggiore impegno da parte delle istituzioni.

Si fa un gran parlare dell’evidente deficit della nostra Nazionale rispetto non solo alle attuali avversarie, ma anche e soprattutto al nostro passato: giocatori come Hubner, Pellissier, Quagliarella, Pazzini e Di Natale oggi sarebbero titolati inamovibili mentre in passato venivano convocati raramente, poiché nello scacchiere tattico italiano erano presenti top player indiscussi come Totti, Baggio, Del Piero, Vieri, Inzaghi, Toni, e la lista potrebbe continuare. Ma parlare di “golden age“, di generazione d’oro figlia di un tempo ormai andato è limitante e fuorviante. Le generazioni d’oro non cadono dal cielo, sono frutto del lavoro e della visione a lungo termine di chi è al comando di un movimento.

Guardiamo alla FederTennis come esempio: la copertina è sempre e giustamente per Jannik Sinner, il numero 1 al mondo, fiore all’occhiello di un’intera Nazione sportiva, ma non si tratta di un caso isolato, perché l’Italia ad oggi ha ben 6 tennisti nella top 50 del Ranking, che diventano 9 se allarghiamo il campo alla top 100. Ciò vuol dire che quasi 1 tennista su 10 all’interno dell’élite mondiale è italiano, un risultato formidabile e fino a poco tempo fa impensabile, ma che è frutto di un processo che dura da 20 anni. La Federazione ha rivoluzionato partendo dalle fondamenta, rivedendo totalmente la formazione degli insegnanti: perché sì, il talento bisogna formarlo, forgiarlo e seguirlo giornalmente per vederne i frutti, e per vedere giocatori top c’è bisogno di allenatori top che abbiano dei metodi di primissimo livello, uguali per tutti. Gli allenatori dei ragazzi sono diversi dagli allenatori dei professionisti, non devono inventarsi niente e devono seguire un protocollo preciso e ben chiaro, in modo che l’allievo di Torino sia formato come l’allievo di Siracusa, passando per il resto della penisola. Con pazienza e lungimiranza, non dall’oggi al domani ma nel giro di quasi due decenni, i risultati stanno arrivando con gli interessi.

Qualsiasi professionista del settore, ma anche qualsiasi genitore che ne fa esperienza diretta, espone la medesima constatazione: i bambini che approcciano al calcio vengono istruiti poco o nulla sulla tecnica, il loro talento viene imbrigliato sin da subito in tattiche raffazzonate e limitanti, perché la priorità degli allenatori non è formare, ma ottenere risultati sperando di fare carriera. Il danno è doppio perché oggi la figura del formatore sarebbe ancora più importante, dal momento che con i dispositivi tecnologici a propria disposizione i ragazzi giocano molto di meno per strada, il luogo in cui il giovane imparava ciò che nelle istituzioni mancava. Oggi quel compensamento non c’è e il risultato è ciò che vediamo: giocatori disabituati ad inventarsi qualcosa nel momento di difficoltà, incapaci di uscire dagli schemi studiati precedentemente ma che, anche se ben fatti, non possono mai coprire tutti gli avvenimenti e i cambiamenti nei 90 minuti di una gara.

Ulteriore mancanza è che scarseggiano anche le componenti più importanti di tutte nello sport: la testa, l’abnegazione, la grinta, la passione. Non si è fatto nulla per trasmettere ai più giovani il senso di appartenenza alla patria, alla maglia azzurra, e ciò è colpa principalmente delle istituzioni: perché se è facile trovare motivazioni nelle squadre di Club, che pagano il giocatore fior di quattrini, nella Nazionale la motivazione è data dal restituire qualcosa a chi ti guarda e a chi ti ha aiutato ad essere lì. Ma se il sistema fa acqua da tutte le parti, non aiuta ma ostacola e obbliga a sgomitare anche contro le ingiustizie (i servizi giornalistici degli ultimi tempi ci hanno raccontato una verità amarissima, in molte realtà gioca chi paga), un sistema che obbliga i tuoi genitori a fare i salti mortali per permetterti di inseguire il tuo sogno (quando in Paesi come gli Stati Uniti e la Norvegia lo sport è quasi gratuito perché implementato e radicato nel programma scolastico), il senso di gratitudine semplicemente non c’è, e la Nazionale viene vista solo come un fastidioso impegno nel già pienissimo calendario.

Queste sono solo alcune delle lacune all’interno di un movimento calcistico disastrato, che richiederebbero l’attenzione e l’azione immediata di chi è al timone; c’è un disperato bisogno di idee nuove, fresche, coraggiose e volte al progresso. Rimandare non è più ammissibile.

La scelta di Rino Gattuso come CT

Tuttavia, rimanendo nel breve periodo, c’era bisogno di un vero e proprio “piano di emergenza” per cercare di agguantare quantomeno la qualificazione ai prossimi Mondiali, e quel piano ha il nome di Gennaro Gattuso. Non era la prima scelta, il due di picche di Claudio Ranieri è storia nota, ma il tecnico calabrese porta in dote una qualità di imprescindibile valore, dato il momento attuale: sa fare gruppo, la sua storia insegna che è fenomenale nel raccogliere i cocci quando arriva in contesti difficoltosi e convince i giocatori a seguirlo, rivitalizzando l’ambiente. Questi aspetti, in contesti come questo dove il tempo per lavorare è poco, sono più importanti della tattica.

Oltre a ciò, qualcosa seppur timidamente sembra muoversi intorno al sistema federale: quasi certo è l’arrivo di Cesare Prandelli, già CT tra il 2010 e il 2014, nel ruolo di Direttore Tecnico. Figura che non abbiamo mai avuto ma già abbondantemente diffusa nelle altre Nazionali, quella di Prandelli sarà una responsabilità fondamentale, dovendo fungere da vero e proprio collante non solo tra i dirigenti e Gattuso, ma anche e soprattutto tra la Nazionale maggiore e le selezioni giovanili, facilitando il passaggio tra i grandi dei giovani talenti e ottimizzando la fluidità tra le varie categorie di età. Si lavora inoltre per inserire nello staff tecnico di Gattuso altre due figure di livello assoluto come Leonardo Bonucci e Andrea Barzagli, che con la Nazionale sono arrivati sul tetto d’Europa e del mondo. L’intento generale è chiaro: cercare di rimediare alle mancanze precedenti assumendo uomini che possano trasmettere ai giocatori l’appartenenza alla maglia Azzurra, che possano raccontare cosa significa lottare per riempire d’orgoglio un intero popolo, e che soprattutto sappiano guidare i ragazzi nei prossimi momenti di difficoltà, come i possibili Play-Off (in caso di secondo posto nel girone) con in palio il posto al Mondiale.

Chiaramente, si tratta di un cantiere aperto, fare pronostici e sentenziare giudizi in questo momento sarebbe fine a sé stesso, solo a Settembre con le prossime partite potremo tirare le prime somme e capire se la strada intrapresa sia quella giusta. A Gattuso va il nostro in bocca al lupo per il suo operato, nella speranza che possa essere solo il primo tassello di un nuovo ciclo, fatto di pianificazione, visione e competenza al servizio del Paese.

fonte foto: sito ufficiale FIGC