Il giorno dopo Sassuolo-Napoli. La fine è il principio, oggi come allora. McTominay decisivo, De Bruyne come un lampo – gli azzurri «passeggiano» a Reggio Emilia.

La fine è il principio. Al Mapei Stadium, terreno d’esordio stagionale per il Napoli di Antonio Conte, Scott McTominay diffonde il verbo. Come un doppio nodo che sembra rendere vana la fine del campionato a giugno, lo scozzese continua a cucire per tenere ben stretti passato e presente. Sempre sullo stesso asse, sempre in connessione con Politano pronto ad inserirsi per beffare Turati e la difesa del Sassuolo neopromosso di Grosso. «McFratm» guida gli azzurri, si prende la scena e indirizza le sorti dell’esordio in campionato, dimostrandosi uno dei calciatori più decisivi della serie A – a maggior ragione siglando la prima rete della nuova stagione.

Lo fa in un quadro di un Napoli che nel primo tempo non è particolarmente brillante, procede a ritmi più «bassi», dettati dalla preparazione estenuante di Conte e da un calcio che sembra profumare ancora di agosto. Nel 4-1-4-1 tinto d’azzurro l’ex United parte dalla sinistra, ma rivestendo un ruolo di un falso esterno, pronto ad inserirsi e ad accentrarsi per trovare spazio tra le linee. Per De Bruyne, l’altro golden boy del centrocampo partenopeo, è tutto troppo facile. A parte una piccola sbavatura che rischia di regalare al Sassuolo una ripartenza interessante, per il nuovo undici tappare gli spazi vuoti e fare da jolly è un gioco da ragazzi. De Bruyne lo trovi sulla sinistra a far spazio, lo trovi al centro pronto ad imbucare e lo trovi pronto ad abbassarsi per costruire – se si vuole tralasciare il ruolo di momentaneo falso nove ricoperto all’uscita di Lucca. Non ha bisogno di correre a ritmi troppo alti – e magari manca ancora un po’ per vederlo al top della forma – perché coi piedi che si ritrova può permettersi di tutto. Sua l’invenzione per un Rrahmani che sfiora il vantaggio, suoi un paio di palloni sfruttati male da Lucca, suo il tiro-cross al centro che gli ha permesso la prima firma con la maglia del Napoli. Una qualità tutta d’oro che Conte vuole sfruttare al meglio, consapevole che verrà fuori come il buon odore di un ragù della domenica quando KDB si amalgamerà ancor di più coi meccanismi e i tempi di gioco del campionato italiano. La posizione fluida del belga è da supporto anche a Lobotka, a volte più libero di sganciarsi dalla zona centrale del campo e creare spazio, dando maggiore supporto in ripartenza. Forse una variazione sul tema che ricorda più il pari in Napoli-Inter della scorsa annata, che un canovaccio seguito alla lettera dagli azzurri. Lo slovacco è bravo nello stretto, fa girare palla con i tempi giusti, e quando di benzina nelle gambe ne ha meno – sempre col 97% di passaggi riusciti in 82 minuti – lascia spazio ad un Gilmour che ne eredita perfettamente le redini di gioco. Lo scozzese sembra essere più incline ai cambi di gioco, e prova a lanciare spesso sia Lang che Neres, una trama di gioco che forse rivedremo ancora con una squadra più disposta a tre in avanti.

È un Napoli che sfrutta la catena di destra, quasi sempre. Di Lorenzo sa che può sganciarsi e accentrarsi portandosi via l’uomo e lasciando più libera la fascia di Politano. In questo l’ex di giornata è un pupillo di Conte che, per affondare, sa che qualche rischio può prenderselo solo sulla sua fascia, perché Politano può coprirla da solo anche in fase di rientro. Dall’altra parte non accade la stessa cosa: se McTominay è bravo, perché te lo ritrovi anche a tornare e a gestire palloni senza buttarli via dalla propria area, Olivera non ti assicura la stessa spinta. Nella difficoltà del saltare l’uomo il Napoli preferisce quasi sempre costruire dai piedi di Rrahmani, tanto che non a caso una delle poche chance a tinte neroverdi targata Doig – l’esterno ex Verona approfitta proprio di un buco sulla fascia destra – capita proprio in ripartenza sul fianco più esposto degli azzurri. Quanto al resto, stare senza pensieri. Per un Anguissa che sembrava prossimo all’addio appena qualche mese fa, ce n’è un altro che è tornato il re del recupero palla. Assicura solidità e pulizia, facendo sempre la scelta giusta, sapendo quando e se affondare, quando e se girar palla, quando e se alzare il ritmo. Il tutto con una scioltezza di chi mette in pratica col sacrificio e col silenzio le direttive tattiche del proprio allenatore, di chi suda la maglia senza fiatare troppo dispensando attorno lucidità e freddezza. Insomma, il Napoli ritrova nei suoi uomini cardine la certezza di una vera continuità rispetto all’anno scorso, come sottolineato anche da Conte che dei ragazzi ha evidenziato la capacità di partire con lo spirito giusto. L’infortunio di Lukaku condizionerà e non poco, perché l’attaccante belga era capace non solo di far spazio, ma di essere un perfetto uomo assist nelle partite più bloccate. Quanto a Lucca, sarà il tempo a dar giudizio – nella consapevolezza che servirà un pizzico di pazienza per vederlo sbocciare, e sotto la gestione Conte ne ha piene possibilità.

Non è stato un Napoli brillante, non è stato un Napoli che ha spinto coi ritmi alti, ma è stato un Napoli consapevole della sua forza. Quando hai il tricolore cucito sul petto e un condottiero come Conte ti senti al sicuro, e l’esperienza di De Bruyne, un papabile leader silenzioso e faro a cui tutti fanno capo, conferiscono agli azzurri la tranquillità della grande. Quella che ti permette di «trotterellare» e gestire sul due a zero, quella che ti permette di capire che non è necessario l’affondo, che serve leggere i momenti. Per i Campioni d’Italia è stata una passeggiata superare il Sassuolo, scacciare via i brutti fantasmi di Verona, sentenziare conferme sul campo – in primis McTominay, poi Politano, Anguissa, Lobotka, Di Lorenzo e il quartetto difensivo – e far sembrare le cose facili. Anche quando le cose facili non lo sono, a maggior ragione se la pressione di dover difendere un tricolore, contro una neopromossa che non ha nulla da perdere, può in qualche occasione fare l’occhiolino.
Non è successo al Napoli, che l’anno scorso era sostenuto da chi parlava già di esonero di Conte dopo il disastro di Verona; e che l’anno scorso ha trasformato le difficoltà in resilienza ed armi a proprio vantaggio, fino a conquistare il quarto Scudetto. Adesso, in attesa del contributo che darà Gutierrez, con gli occhi puntati sulle sorti di Juanlu e Hoijlund, Conte continuerà ad affilare i propri coltelli e le proprie lame. Non ha mai smesso di farlo e mai lo farà, e l’assenza del gigante belga, proprio nella stagione del ritorno in Champions, sarà l’ennesimo banco di prova per il tecnico salentino. Ma Conte è tutt’altro che preoccupato, anzi. Si sfrega le mani col suo solito sorriso, pronto a mettersi all’opera per continuare a divertirsi e ad imporsi. Come fatto a Reggio Emilia, sotto il segno di due calciatori che il Napoli anni fa avrebbe soltanto avuto in sogno. McTominay e De Bruyne incidono, si imprimono sulla pelle del Napoli e nel cuore degli azzurri, conferendogli un’identità e un’aura enormi, attirando le luci d’Italia e d’Europa.

Ed è solo l’inizio. Con un Napoli che riparte da basi solide, e lo ha dimostrato; con un Conte assatanato ancora di più, ancor più affamato di vittorie – e, chissà, col mirino puntato sull’obiettivo di poter essere l’unico allenatore della storia del club a vincere due anni di fila il tricolore – ci sarà da divertirsi e non poco. E lo si farà sotto le stelle di sempre, ma da una luce sempre nuova, dei più grandi palcoscenici europei.

FOTO: SSCNAPOLI