PSV Eindhoven-Napoli, il punto del giorno dopo: scioccante disfatta in terra olandese. Azzurri in totale confusione, smarriti ed incredibilmente fragili. Urge una profonda riflessione

La notte da incubo di Eindhoven ha visto il Napoli sprofondare nel peggiore dei modi e rimediare una sconfitta umiliante, la cui gravità va paradossalmente ben oltre il pesantissimo parziale, che per quanto di inconcepibile accaduto in campo sarebbe potuto essere ancor più severo. Una disfatta che lascia esterrefatti ed alla quale trovare una spiegazione risulta piuttosto complicato, perché che una squadra con il tricolore cucito sulle proprie maglie ed allenata da Antonio Conte potesse toccare un punto così basso e palesare una tale fragilità e vulnerabilità non era immaginabile neanche nel peggiore degli incubi.

Il Napoli sembra aver totalmente smarrito la propria essenza di squadra solida, compatta e granitica, commette errori banali, concede praterie agli avversari e manifesta una assoluta mancanza di equilibrio, difendendo male, sia come collettivo che con i singoli. Qualcosa di a dir poco incredibile dato che si parla di una squadra che nella passata stagione ha vantato la miglior difesa d’Europa e che proprio sulla compattezza e sulla solidità ha fondato quelle certezze che nella passata stagione hanno portato alla vittoria di uno scudetto strepitoso e che invece oggi sembrano man mano sgretolarsi.

Dopo una batosta di tali dimensioni, che segna la quarta sconfitta consecutiva in trasferta, occorre fermarsi e riflettere sulla strada da seguire per venire fuori da questo impasse, del quale Antonio Conte è forse il maggiore responsabile ma è allo stesso tempo la garanzia sulle possibilità di lasciarsi il tutto immediatamente alle spalle. Con qualsiasi altro uomo in panchina sarebbe stato piuttosto complicato intravedere una via d’uscita, ma Conte è probabilmente il miglior tecnico al mondo per abilità nel tirare fuori le sue squadre da situazioni difficili e se “fa Conte”, agendo secondo le sue prerogative di sempre, ci sono tutti i presupposti affinché la terribile caduta in terra olandese resti soltanto un brutto ricordo, stile Verona-Napoli della passata stagione.

In definitiva l’origine dei problemi tattici del Napoli sembra essere proprio nel tentativo di proposta di un calcio nuovo, più “propositivo ed europeo” e con prerogative piuttosto differenti rispetto a quello adottato nella passata stagione, che evidentemente non sta dando i risultati sperati ed in merito al quale urge a questo punto fare un passo indietro. La ricerca di questo cambio di atteggiamento ha finito con il generare confusione e perdita di certezze tattiche: oggi gli azzurri cercano di attuare un gioco di pressing con difesa alta, ma ciò, oltre a causare un’evidente fragilità difensiva, non sta comunque dando esiti soddisfacenti neanche sotto il profilo della produzione offensiva. Di conseguenza emerge la necessità di ripartire in primis da un baricentro più arretrato e da una maggiore attenzione difensiva, tornando ad una mentalità più pragmatica.

La strada da percorrere per fare in modo che il Napoli ritrovi sé stesso è quella di agire secondo ciò che è più nelle corde di squadra ed allenatore. Bisogna dunque ripartire dai principi, dallo spirito e dall’atteggiamento della squadra laureatasi Campione d’Italia lo scorso maggio, di quel Napoli che ha emozionato per testa, cuore, grinta, applicazione, compattezza del gruppo, predisposizione al sacrificio e caparbietà nel sormontare ostacoli di ogni tipo. Una missione che, come giustamente sottolineato da Conte, passa anche per il buon senso dei nuovi arrivati. L’imminente sfida al Maradona contro l’Inter rappresenterà già un crocevia dal peso specifico enorme.

Foto: SSC Napoli