Vent’anni di SSC Napoli – Il triennio 2018-2021, gli anni della ricostruzione post Sarri

La fine della stagione sportiva 2017/2018 rappresenta uno dei punti più significativi nella storia moderna della SSC Napoli: il mitico ciclo sarriano arriva infatti alla sua naturale conclusione, dopo tre anni di gioco spumeggiante e uno Scudetto sfiorato contro la Juventus in quegli anni assoluta dominatrice. Aurelio De Laurentiis si trova davanti un compito non semplice, ovvero quello di trovare un nome per la panchina azzurra che possa tenere alto l’entusiasmo anche dopo l’addio del condottiero fiorentino, anche dopo la cocente delusione della mancata vittoria del campionato.

Il Presidente però ha da sempre uno smisurato senso per gli affari, scruta attentamente tutte le ipotesi e gli allenatori liberi da vincoli contrattuali, arrivando con un autentico colpo di teatro ad annunciare, in data 23 Maggio 2018, l’arrivo di Carlo Ancelotti sulla panchina del Napoli. Il palmarès del tecnico reggiano parla da sé: più di vent’anni di carriera passati al timone di squadre come Juventus, Milan, Chelsea, Paris Saint-Germain, Real Madrid e Bayern Monaco; colui che negli anni successivi diventerà l’unico allenatore ad aver vinto tutti i cinque principali campionati europei (Italia, Inghilterra, Francia, Germania e, Spagna); tre Champions League in bacheca fino a quel momento (e come sappiamo, negli anni successivi saranno destinate ad aumentare). Inoltre, rappresentava il ritorno di mister Ancelotti in Italia a nove anni di distanza dalla fine della sua leggendaria epopea sulla panchina del Milan: insomma, se l’obiettivo era tenere vivo l’entusiasmo della piazza, il Presidente per l’ennesima volta aveva fatto centro.

Il mercato estivo è un punto cruciale del nuovo ciclo: Ancelotti è un allenatore diametralmente opposto a Sarri in termini di credo tattico e di gestione del gruppo, di conseguenza la squadra che era stata la principale rivale della Juventus non va smantellata, ma quantomeno rivista in maniera importante. In porta si assiste ad una vera e propria rivoluzione: Pepe Reina, uno dei leader dello spogliatoio, lascia la squadra a parametro zero insieme al suo vice Rafael Cabral, mentre Luigi Sepe saluta la squadra in direzione Parma; per la difesa della porta non si bada a spese, arriva infatti l’esperto colombiano David Ospina dall’Arsenal, mentre dall’Udinese arrivano sia Orestis Karnezis che soprattutto Alex Meret, uno dei giovani portieri italiani più in voga del momento. Per quanto concerne i difensori, il blocco dei titolari viene confermato in toto, mentre tra le seconde linee vi sono gli addii del veterano Christian Maggio e di Lorenzo Tonelli; a sostituirli ci pensano l’acquisto dal Saint-Etienne di Kevin Malcuit e il rientro dai prestiti, rispettivamente da Empoli e Spartak Mosca, di Sebastiano Luperto e Nikola Maksimovic. Il centrocampo vede un solo cambiamento, ma decisamente significativo: Jorginho decide di seguire Maurizio Sarri al Chelsea, per un’operazione che frutterà alle casse azzurre ben 60 milioni di euro; una parte di essi verranno investiti in uno dei centrocampisti spagnoli più promettenti, Fabiàn Ruiz dal Betis Siviglia. Passando all’attacco, impossibile anche solo pensare di toccare il tridente delle meraviglia Callejon-Mertens-Insigne, con in aggiunta Milik pronto al rientro dall’ennesimo infortunio: in compenso è possibile invece rinforzare le rotazioni sulle fasce laterali, e a tal proposito sono propedeutici gli arrivi di Simone Verdi dal Bologna e di Amin Younes a parametro zero dall’Ajax.

La stagione 2018/2019 per il Napoli si rivelerà ricca di alti e bassi: il campionato partirà male, con una squadra che fa fatica ad adattarsi ad un gioco totalmente opposto a quello utilizzato nei tre anni precedenti e che soccombe 3-0 in casa di un’ottima Sampdoria, ma lentamente la via maestra verrà ritrovata grazie ad un ibrido tra 4-3-3 e 4-4-2, con un Lorenzo Insigne chiamato maggiormente ad accentrarsi rispetto agli anni trascorsi e Piotr Zielinski che guadagna minuti di gioco importanti, grazie anche alla sua duttilità nel potersi allargare sulla fascia quando richiesto: questo fattore, unito all’irrinunciabilità di Allan per le sue caratteristiche uniche nella rosa e all’obbligo morale di concedere minuti a Fabiàn dato l’esborso estivo, porterà nel mese di Gennaio ad una decisione sofferta, ovverosia l’addio del capitano ed eterna bandiera azzurra Marek Hamsik, che deciderà di lasciare il calcio europeo emigrando in Cina al Dalian Yifang. Il percorso europeo del Napoli è di difficile valutazione, la speranza iniziale vedeva l’arrivo di Carlo Ancelotti come il potenziale salto di qualità fuori dall’Italia, mentre arriva una cocente delusione con l’eliminazione al primo turno: ad onor del vero, va specificato che il girone del Napoli fosse probabilmente il più difficile di tutti, con Paris-Saint Germain, Stella Rossa e soprattutto Liverpool, e proprio con quest’ultimi (che vinceranno la Champions a fine anno) arriva l’eliminazione causata da una parata spettacolare di Alisson su Milik all’ultimo minuto, una vera e propria sliding door nella stagione delle due squadre; il Napoli retrocede in Europa League dove viene dato tra le papabili favorite, ma anche in questo caso arriva l’eliminazione per mano di un’inglese, nello specifico l’Arsenal ai quarti di finale. Restando sul suolo italiano, mentre in Coppa Italia il Napoli soccombe ai quarti di finale contro il Milan di uno scatenato Piatek, il campionato sulla lunga distanza procede a ritmo regolare, gli azzurri erano più forti della concorrenza e chiudono con un tranquillo secondo posto (il bis di “medaglie d’argento” in Serie A mancava dall’era Maradona), anche se ben più distanziati dalla Juventus rispetto all’anno precedente.

Aurelio De Laurentiis per la stagione successiva non ha dubbi, è sicuro che bisogna dare tempo ad Ancellotti di costruire il suo Napoli, che l’anno precedente stava ancora completando la transizione da Napoli di Sarri, e quindi la decisione è di assecondare ulteriormente il mister reggiano per quanto concerne il mercato: in difesa si assiste agli addii di un altro fedelissimo sarriano, Raul Albiol (in direzione Villareal), e della buonissima riserva Vlad Chiriches (ceduto al Sassuolo), sostituiti dall’arrivo, accolto con grande entusiasmo dai tifosi, di Kostas Manolas strappato ai rivali della Roma, e dal ritorno di Lorenzo Tonelli dopo un anno a Genova sponda blucerchiata; il difficile ambientamento di Malcuit porta inoltre all’acquisto di Giovanni Di Lorenzo, promettente terzino destro in arrivo dall’Empoli. A centrocampo l’unica modifica significativa è l’ottima cessione alla Roma, per 21 milioni di euro, di Amadou Diawara, sostituito con l’arrivo dal Fenerbahce di Elif Elmas. In attacca Simone Verdi lascia dopo un solo deludente anno in azzurro per approdare al Torino, mentre in entrata il Napoli piazza due colpi ad effetto: Fernando Llorente a parametro zero (e fresco di finale di Champions con il Tottenham) e soprattutto Hirving Lozano dal PSV Eindhoven per ben 40 milioni di euro, in quel momento l’acquisto più oneroso dell’intera era De Laurentiis al pari di Gonzalo Higuain.

Ad onor del vero, sull’arrivo di Lozano va aperta un’importante parentesi: mister Ancelotti, sin dall’inizio del mercato, aveva fatto espressa richiesta per l’arrivo di James Rodriguez, asso colombiano che aveva già allenato sia al Real Madrid che al Bayern Monaco. Il Presidente tuttavia non è pienamente convinto, James infatti viene da stagioni con importanti problemi fisici e investire 40 milioni di euro su di lui pare una scommessa che va contro la sua filosofia, da sempre contraddistinta dal ricercare l’utilità e la futuribilità a dispetto del nome e del talento. Guardare il quadro più ampio è fondamentale per De Laurentiis, che insieme al direttore sportivo Giuntoli decide di investire quella cifra su Lozano, più giovane e con un ingaggio meno oneroso. Ciò porta a una prima importante divergenza tra le parti: De Laurentiis ha dimostrato di voler assecondare il suo allenatore ma non ad ogni costo, la sostenibilità e soprattutto la filosofia vengono visti come aspetti prioritari ed irrinunciabili; Ancelotti dal canto suo si trova con una gatta da pelare non di poco conto, non avendo chiesto lui l’arrivo di Lozano il mister ha serie difficoltà nel trovargli la giusta collocazione in campo, lo prova sia seconda punta che esterno a destra ma la discontinuità di ruolo e di minutaggio, unita ad un ambientamento al calcio italiano mai facile per chi viene da fuori, porta il giocatore messicano a vivere una prima stagione in azzurro difficile, per usare un eufemismo. Altri problemi tuttavia non tardano ad arrivare, la transizione da Sarri ad Ancelotti si rivela infatti più complessa del previsto per tutti i giocatori in rosa, l’addio di varie colonne ha fatto perdere alla squadra i meccanismi acquisiti con Sarri e la squadra fa fatica ad acquisirne di nuovi. La situazione, e i conseguenti risultati negativi in campionato, portano a un certo nervosismo e a contrasti aspri tra la squadra e il comparto tecnico e dirigenziale, si parlerà addirittura di “ammutinamento” ad un certo punto. Aurelio De Laurentiis non può permettere che un momento del genere comprometta quanto di buono costruito negli anni precedenti, e decide da leader di prendere la situazione in mano e di tagliare la testa al toro: il passaggio del turno in Champions non è sufficiente a modificare una decisione difficile ma necessaria, ovvero l’esonero immediato, in data 11 Dicembre 2019, di Carlo Ancelotti. Uno shock totale per l’intera piazza che però capisce quanto fosse necessaria la scelta, pur domandandosi chi possa prendere le redini della squadra in un momento così delicato, il primo cambio di allenatore del Napoli a stagione in corso negli ultimi dieci anni. Anche in questo caso l’intuito di De Laurentiis lo porta nella giusta direzione: capisce che in un momento del genere, contraddistinto da frustrazione e incertezza, i discorsi tattici del caso passano in secondo piano, è necessaria al contrario una figura che caratterialmente sia in grado di ridare entusiasmo alla piazza e di farsi voler bene e seguire dal gruppo. Il prescelto si rivela essere quindi Gennaro Gattuso, fermo da qualche mese dopo la buonissima esperienza sulla panchina del suo Milan. Il tecnico calabrese prova a fare ordine dal punto di vista umano e caratteriale, riporta in auge il 4-3-3 (scelta che ritiene necessaria essendo il modulo che per la squadra rappresentava una certezza) e col mercato di Gennaio chiede degli interventi volti a venire incontro alla sua idea di calcio: ecco quindi spiegati gli arrivi a centrocampo di Diego Demme dal Red Bull Lipsia e di Stanislav Lobotka dal Celta Vigo, oltre che al colpo in attacco di Matteo Politano, in uscita dall’Inter. La stagione nella seconda parte prende quindi una piega diversa, gli alti e bassi non mancano ma sono normale amministrazione in una complessa ricostruzione dovuta al disastro dei mesi precedenti. In Champions la squadra viene eliminata dal Barcellona agli ottavi di finale, il campionato termina invece con un mesto settimo posto, dovuto principalmente ai tantissimi punti persi nei primi mesi con Ancelotti; una soddisfazione importante però arriva, ovvero la vittoria della Coppa Italia, battendo in finale i rivali della Juventus ai calci di rigore grazie ad un Meret in grande spolvero. Una stagione complessa, che sembrava irrecuperabile, che si conclude tuttavia con il primo trofeo in sei anni, un buonissimo punto di ripartenza.

Aurelio De Laurentiis però sa benissimo che la Coppa Italia, per quanto prestigiosa, non può essere sufficiente per una società che aveva abituato così bene i suoi tifosi negli anni precedenti, e quindi il mercato dell’estate 2020 (più breve del solito e contraddistinto dall’emergenza Covid) assume un’importanza di prim’ordine nel processo di rilancio del Napoli e nell’accelerare un ricambio generazionale che si era ormai reso necessario ed inevitabile. In porta vi è soltanto l’addio di Karnezis in direzione Lille (nell’ambito di una trattativa di cui parleremo a breve), sostituito dal prodotto del vivaio Nikita Contini. In difesa Sebastiano Luperto viene ceduto in prestito al Crotone, venendo sostituito con l’arrivo di Amir Rrahmani dal Verona. A centrocampo Allan, in netto contrasto con la società, viene ceduto all’Everton e a sostituirlo ci pensa l’arrivo di un pupillo di Gennaro Gattuso, Tiemoué Bakayoko dal Chelsea. In attacco arrivano i cambiamenti più significativi: Callejon dopo anni esaltanti in cui è diventato amatissimo dai tifosi viene lasciato andare via a parametro zero, chiudendo definitivamente l’era del trio con Mertens e Insigne; lascia anche Amin Younes dopo due anni deludenti, in direzione Eintracht Francoforte; vi è inoltre la delicata e complessa diatriba con Arkadiusz Milik, in guerra aperta con il Presidente con cui non arriva l’accordo per il rinnovo e con il polacco che rifiuta svariate destinazioni, finendo relegato fuori rosa (andrà via soltanto a Gennaio, in direzione Olympique Marsiglia). Con il senno del poi, appare ironico che a sostituire Milik ci penserà proprio Victor Osimhen, centravanti di enorme potenziale che arriva dal Lille per un una valutazione complessiva di 70 milioni: per distacco il colpo più costoso mai effettuato da De Laurentiis, un’investitura importantissima per il nigeriano scelto appositamente dal Presidente e da Giuntoli, preferendolo a Nicolas Pépé, ben più quotato in quel momento ma decisione che, sempre col senno di poi, si rivelerà una delle scelte di mercato più azzeccate da parte di De Laurentiis e nella storia del calciomercato italiano in generale. Da non sottovalutare inoltre l’arrivo, come riserva, di un Andrea Petagna reduce da due stagioni positivissime alla SPAL.

Gattuso schiera la squadra con un 4-3-3 che in fase offensiva diventa un 4-2-3-1, con Zielinski uomo chiave essendo libero di alzarsi sulla linea degli attaccanti sfruttando i suoi ottimi tempi d’inserimento, e che sarà protagonista della miglior stagione della sua carriera. Tuttavia anche in questa stagione si fa fatica trovare la continuità dei tempi migliori, i risultati sia positivi che negativi si alternano sistematicamente e la scintilla con Gattuso tarda ad arrivare, anzi ad un certo punto saranno palesi i dissapori tra tecnico e Presidente, con Gattuso autore di dichiarazione dirette davanti alla stampa, e con De Laurentiis che saggiamente decide di non rispondere pubblicamente cercando di lasciare le divergenze quanto più possibile nel privato (dove sta già pensando alla stagione successiva, e probabilmente è proprio questo il casus belli con Rino Gattuso). Dopo la sconfitta nella Supercoppa Italiana contro la Juventus, la mancata difesa della Coppa Italia (sconfitta in semifinale contro l’Atalanta) e l’eliminazione ai sedicesimi di finale di Europa League contro il modesto Granada, è in campionato che arriva la delusione più cocente di tutte: dopo una lotta serratissima per la qualificazione in Champions, il Napoli arriva all’ultima giornata in zona utile per il raggiungimento dell’obiettivo, appaiato al terzo posto con il Milan, e dovendo affrontare un Verona che non ha più nulla da chiedere al campionato. Sembra il quadro ideale per una passerella, ma ciò che aspetta gli azzurri è una realtà differente, ben più cruda e amara: a dispetto della proverbiale grinta sempre trasmessa da Gattuso, al Napoli viene il proverbiale “braccino” del tennista, soffre l’importanza della sfida e a dimostrazione di ciò vi è il fatto che quando viene trovato grazie a Rrahmani il faticoso vantaggio, basta un minuto al Verona per trovare il pareggio grazie ad un colossale errore di Hysaj in difesa. La squadra non trova le energie mentali per reagire, la partita termina 1-1 e, con le contemporanee vittorie di Milan e Juventus, il Napoli scivola al quinto posto finale, mancando la Champions League per il secondo anno consecutivo.

Un fallimento del genere non è contemplabile da De Laurentiis, al di là di ogni divergenza caratteriale del caso va ammesso che la guida tecnica manca tutti gli obiettivi stagionali (di cui l’ultimo in maniera clamorosa), e se anche il punto di forza di Gattuso, la grinta, viene meno nel momento cruciale, allora cambiare diventa non solo inevitabile ma anche doveroso. L’era Gattuso finisce tra dissapori e polemiche, con due caratteri forti che non si sono mai totalmente presi e capiti; il triennio 2018-2021 ha però un’importanza spesso sottovalutata, le difficoltà nel cambiare dopo un ciclo di successo sono fisiologiche, ma il Presidente si è mosso il più delle volte bene e molti dei cambiamenti di questo periodo sono stati la base per le vittorie future. Il periodo della ricostruzione post Sarri termina nell’estate del 2021 con l’arrivo sulla panchina di Luciano Spalletti e il resto, come si suol dire, è storia nota…