Verso Napoli-Palermo. Tra sperimenti e amarcord: Conte e la novità del doppio play, Dionisi riporta i rosanero a Fuorigrotta dopo quasi otto anni

L’ultimo Napoli-Palermo al “Maradona” risale al gennaio 2017, quando sulla panchina azzurra sedeva ancora il comandante Maurizio Sarri e quando ai tifosi partenopei era toccato smaltire prima il record di gol in campionato (36), poi l’addio di Gonzalo Higuaìn, alla sua unica e sola stagione con l’allenatore toscano. Dall’essere un tecnico promettente, Sarri rivoluzionò in un modo tutto suo l’idea calcistica che avrebbe permeato gli azzurri. Dopo aver sperimentato quel 4-3-1-2 che aveva utilizzato ad Empoli, scelse di passare al 4-3-3, modulo che gli avrebbe procurato enorme fortuna ed enorme successi davanti, a tal punto che ancora oggi i tifosi partenopei lo ricordano come uno dei migliori allenatori che si sono seduti sulla panchina azzurra. E, quanto meno da un punto di vista del gioco, come un allenatore sparti-acque: c’è un prima Maurizio Sarri e un dopo Maurizio Sarri. L’ultimo Palermo in quel “Maradona” che era ancora San Paolo è il primo ad affrontare un Napoli rivoluzionato dall’addio del pipita, ma non per questo meno pericoloso. Anche se, per la cronaca, quella gara terminò 1-1, con le reti di Mertens e Nestorovski. Per Conte, invece, la Coppa Italia rappresenta un obiettivo mai raggiunto nel corso della carriera da allenatore. L’unica volta che il tecnico leccese sfiorò la conquista del trofeo fu il 20 maggio del 2012, proprio contro il Napoli di Hamsik e Cavani che conquistò il primo trofeo dell’era De Laurentiis.

Tra esperimenti e opportunità. Antonio Conte non smette di sperimentare, oltre a vedere negli sedicesimi di Coppa Italia l’opportunità di concedere minutaggio a chi ancora non ha potuto contribuire in maniera più importante alla causa azzurra. Secondo quanto raccolto, potrebbe essere riproposto il 4-2-3-1, modulo che per alcuni spezzoni s’è visto anche a Torino contro la Juventus. Tra i pali, per sostituire l’infortunato Meret, Elia Caprile realizzerà il sogno d’esordire a Fuorigrotta, là dove a pochi passi è nato il padre, dopo essersi preso l’arduo compito da esordire all’Allianz Stadium contro certamente non l’ultima della classe. Una chance importante, poi, ce l’ha anche Rafa Marìn: il difensore centrale spagnolo, come riporta il Corriere dello sport, “durante gli allenamenti è rigoroso, scrupoloso, attento e curioso. Ascolta, apprende, impara e applica in campo le indicazioni di Conte”; potrà, dunque, proprio al “Maradona” cominciare a dimostrare di poter essere all’altezza della maglia azzurra. Accanto a lui, ritorna Juan Jesus: bersagliato dai tifosi dopo la sconfitta di Verona, JJ potrà finalmente tentare il riscatto, potendo contare sulla capacità di mettersi sempre a disposizione di ogni tecnico e di sacrificarsi sempre per la maglia; a completare il quartetto difensivo, conferme per Mazzocchi e Spinazzola.

La novità nello scacchiere tattico del tecnico leccese, però, sembra essere uno spunto inedito: l’idea del doppio play a centrocampo, affidandone le redini sia a Gilmour, sia a Lobotka – lo slovacco è l’unico reduce dell’ultimo undici azzurro. Curioso, dunque, sarà vedere che tipo di manovra potrà imbastire un centrocampo di questo tipo, costituito da due calciatori che tutti hanno pensato fossero semplicemente interscambiabili tra loro. Lavoro differente, ma magari sempre da incontrista, toccherà a Giacomo Raspadori. L’ex Sassuolo agirà sulla trequarti, abbassandosi e ricevendo dal centrocampo, con la capacità tra i piedi di poter innescare gli esterni. Opportunità anche per Ngonge – con Kvara che potrà finalmente rifiatare – e David Neres, spesso subentrato a Politano, ma pronto a dimostrare a Conte di poter svolgere anche la fase difensiva, e non solo quella offensiva (e imprevedibile). In avanti, infine, riposo anche per big Rom: confermato il cholito Simeone, che potrà tornare ad annusare il profumo del gol. Conte, dunque, fa riposare in ordine: Di Lorenzo, Rrahmani, Buongiorno, Olivera, Anguissa, Kvaratskhelia, Politano e Lukaku – senza considerare l’infortunato Meret e Scott McTominay, che troverà senz’altro spazio nella ripresa per mettere altri minuti nelle gambe.

Come ci arriva il Palermo. I rosanero allenati da Alessio Dionisi preparano al meglio il ritorno a Fuorigrotta. Per un ex allenatore di serie A, la mentalità è il primo aspetto che conta. In conferenza, il tecnico del Palermo ha sottolineato quanto nel preparare la sfida – nonostante ci saranno cambi rispetto alla sfida di sabato, pareggiata 0 a 0 contro il Cesena – non si sia parlato di turnover. Gli azzurri rappresentano senz’altro una squadra competitiva, ma il pallone è rotondo e Dionisi ha intenzione di giocarsela fino alla fine, e soprattutto senza “snobbare” l’impegno. A partire dai pali, ritorna a Napoli Salvatore Sirigu – anche a causa dell’infortunio di Gomis -, all’esordio da titolare con la maglia rosanero: consapevole di non aver contribuito molto alla causa azzurra nella sua breve parentesi, ha sempre speso splendide parole per la città e la tifoseria. La linea difensiva a 4 potrebbe essere composta da Pierozzi, Ceccaroni, Nedelcearu e Diakitè. A centrocampo spazio a Claudio Gomes e Jacopo Segre, quest’ultimo autore della rete che ha sbloccato la gara del Menti di Castellammare – vinta dal Palermo contro la Juve Stabia per tre reti a una. Vasic sulla trequarti, con Di Mariano a sinistra e Le Douaron, è pronto a sostegno di Matteo Brunori. Occhio all’attaccante italiano classe 1994 che, anche se ha all’attivo un solo gol in sei partite, ha collezionato ben 34 reti in 73 presenze con la maglia rosanero nelle ultime due annate siciliane.

Napoli-Palermo, che ricordi: le emozioni del San Paolo tra le pagine della storia azzurra

Sebbene valevole per i sedicesimi di Coppa Italia, Napoli e Palermo, pronte a staccare un ticket valido per l’accesso agli ottavi di finale, rimandano alla mente emozioni e gol che hanno segnato l’immaginario collettivo dei tifosi partenopei. Nei vent’anni di storia della SSC Napoli e della presidenza Aurelio De Laurentiis, alcune delle sfide contro i rosanero hanno fatto esplodere di gioia il San Paolo nei minuti finali. Vale la pena ricordare il primo Napoli in serie A, quando sulla panchina sedeva Edy Reja, l’allenatore più longevo sulla panchina azzurra. Il 30 marzo del 2008, un lancio di Gianello e una spiccata di Lavezzi permisero ad Hamsik di incornare battendo Alberto Fontana nel secondo dei quattro minuti di recupero concessi – e proprio quando la gara sembrava destinarsi al pari a reti bianche.

Stesso esito, sia per il parziale finale, sia per il gol nell’extra-time dei secondi quarantacinque minuti, ci fu il 6 dicembre 2010. Stavolta fu superbike Maggio ad inchinarsi al San Paolo, con un gol passato alla storia per la “preoccupazione” dei tifosi su quel pallone appena fatto scivolare in rete in una serata di pioggia. Era la quindicesima giornata di campionato, con Walter Mazzarri sulla panchina, e anche in quel caso il punteggio sembrava lasciar presagire un pari senza reti: nei minuti finali l’invenzione di Hamsik tra le linee per Cavani, l’appoggio a Maggio e palla dolcemente in rete, proprio mentre tra i pali c’era quel Sirigu che sarebbe poi finito al Napoli, poi di nuovo al Palermo. Emozioni, insomma, che meritano di essere ricordate, per alimentare la memoria di calciatori come Maggio – Hamsik ne sarebbe poi diventato la bandiera, battendo il record di gol che apparteneva a Diego Armando Maradona poco alle spalle di Insigne e Mertens – che, pur appartenendo ad un calcio più “sporco”, hanno contribuito alla rinascita azzurra imprimendosi nelle menti dei tifosi partenopei.


FOTO: SSC NAPOLI