Non ho aperto gli occhi questa mattina, ho sognato, ho continuato a sognare. Erano in quattro, uno dietro l’altro, e correvano, correvano, più di Forrest Gump. Così voglio ricordare questo venerdì, un sogno d’oro, un sogno paradossalmente tangibile. Marco De Luise in un articolo sulla vittoria dell’Italia a Euro 2020 parlava di “luce nel buio”. Come dargli torto, dalla vittoria dei Maneskin agli Eurovision, passando per Euro 20 e Wimbledon, fino a Tokyo, l’idioma che serpeggia la lingua è sempre quello italiano o, più beceramente, come diremmo noi napoletani – stamm semb miez – e ciò s’avvale di maggior dignità, considerando lo stato precario in cui attualmente giace il nostro mondo.
Cosa aggiungere al magnifico spettacolo azzurro? Avrei bisogno di tutte le muse, forse di rispolverare e disturbare qualche dio dell’olimpo, di sforzare tutta la mia forza icastica. Ci proverei, ma basterebbe osservare il medagliere di Tokyo 2020: 38 medaglie totali, 10 oro, 10 argento, 18 bronzo. Record significativo, perché come molte volte ho accennato, nell’attesa che questo momento finalmente giungesse, il massimo storico si compì nel 1960 ai Giochi Olimpici di Roma, ma allora era diverso ed eravamo nella culla di una lupa famigliare. Oggi, invece, è Tokyo che ci offre il massimo dei risultati, non solo nelle statistiche generali, ma anche in quelle specifiche.
Infatti, stamane la pugliese Antonella Palmisano ha ottenuto la quarta medaglia nell’atletica sui 20 km di marcia, mai avute tante medaglie nell’atletica prima d’ora; ma non è tutto, perché questo record è stato doppiato e superato dall’oro sulla staffetta dei 4×100, conseguito dal quartetto in cui spicca per eccellenza l’uomo più veloce del mondo (altro record conquistato nei 100 m), Marcell Jacobs, e da Lorenzo Patta, Eseosa Desalu e Filippo Tortu. E proprio quest’ultimo nome avrebbe bisogno di una doppia sottolineatura, perché non può più essere ritenuto appartenente ad un comune mortale, bensì ad un razzo spaziale, che in una situazione di grande svantaggio accende i propulsori, spinge al massimo il motore e recupera con uno scatto da felino l’Inglese Blake, battendo il tempo di 37.50 e vincendo sul quartetto britannico per solo un centesimo.
Ed ecco ancora che l’Italia fa parlare di sé, perché prima che si compisse il miracolo delle gambe di Tortu, Luigi Busà aveva appena conquistato il primo oro olimpionico della nuova disciplina dei Giochi: il karate. Infatti, l’azzurro si è imposto nella categoria 75kg con il risultato di 1-0 in un combattimento difficile, ma ben domato contro Rafael Aghayev, diventando il secondo italiano ad ottenere una medaglia in questa disciplina, dato che Viviana Bottaro ha carpito il bronzo nella gara di kata (conseguimento di tecniche contro un avversario illusorio).
Vito Dell’Aquila (taekwondo), Federica Cesarini e Valentina Rodini (canottaggio), Gianmarco Tamberi (salto in alto), Marcell Jacobs (100m), Ruggero Tita e Caterina Banti (Nacra 17), Francesco Lamon, Simone Casonni, Jonathan Milan e Filippo Ganna (inseguimento a squadre), Massimo Stano (marcia 20km), Antonella Palmisano (marcia 20km), Luigi Busà (karate), e ancora Jacobs, Lorenzo Patta, Eseosa Desalu, Filippo Tortu (staffetta 4×100). Con onore pronuncio questi nomi, questi atleti, questi campioni che, come direbbe Fabrizio De André, hanno consegnato “una goccia di splendore” alla storia italiana, soli e allo stesso tempo, come un ossimoro, vicini a noi, nel silenzio di quei palazzetti vuoti a Tokyo, scaldandosi con la sola musica che conta, una canzone che intona – Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta… –
Foto: profilo instagram Marcell Jacobs