Pillole di Calcio – Così parlò Roberto Mancini: “Favorevole ai giovani italiani all’estero. Sul Napoli in Champions vi dico che magari…”

Ci siamo, tra tre giorni avrà inizio il campionato di Serie A, la stagione da “paghi uno prendi due”, ma tanto, per quello che costa, avremmo preso volentieri anche tre ma questo è un altro discorso. Resta, in ogni caso, la grande incognita dei due mesi di vuoto pneumatico con il quale il calcio dei club si troverà a fare i conti, un vuoto riempito dai Mondiali di calcio in Qatar tra novembre e dicembre. La domanda è: saranno sufficienti i due mesi di calcio internazionale intensivo per stravolgere gli equilibri creatisi nelle prime quindici giornate di campionato? Come torneranno i nostri calciatori dai rispettivi impegni con le loro nazionali?
Riflettiamoci un attimo: sapevamo che questo momento sarebbe arrivato da quando la FIFA, nella persona di Josep Blatter, assegnò i mondiali al Qatar nel 2010. Semmai, erano impronosticabili gli scenari degli ultimi tre campionati, con la stagione 2019/2020 addirittura fermata per tre mesi per una pandemia con la quale nessuno mai si sarebbe immaginato di dover fare i conti. La stagione 2022/2023 sarà anomala ma sapevamo che sarebbe stata tale.
Ciò che, sicuramente, a casa nostra non sapevamo, fino ad un anno fa, era che l’Italia non avrebbe partecipato ai Mondiali natalizi. Oggi, a cinque mesi dal disastro palermitano stiamo a questionare sulla natura di una stagione calcistica che, nemmeno iniziata, forse già vorremmo che finisse o, quantomeno, arrivasse a gennaio. La realtà è che la soluzione migliore sarebbe provare a lasciarci trascinare dal miracolo del calcio, che ha sì le sue bandiere nazionali che sventolano ma ha tanto altro ancora. E il primo a voler adottare questa strategia sembra essere proprio il nostro commissario tecnico Roberto Mancini, volto, nel bene e nel male, del movimento calcistico azzurro. L’allenatore ex Inter e Manchester City ha alzato il sipario su questo nuovo anno accademico del pallone rilasciando, lo scorso 4 agosto, un’intervista al quotidiano il Giornale e facendo un focus sulle varie situazioni che riguardano il calcio di casa nostra. Cerchiamo di analizzare alcuni dei temi affrontati del tecnico di Jesi partendo, naturalmente, dal campionato del mondo.

«Alla fine guarderò le partite del Mondiale anche se non sarà semplice. Più ci pensi e più capisci che certe situazioni sono segnate. Avevamo dominato il girone, dovevamo andare diretti al mondiale: altro che spareggi. Invece… Sa cosa ci dà una mano? Il fatto che siamo campioni d’Europa. Bisogna ripartire da quello, più forti di prima. Sapendo che lo sport è come la vita: capitano situazioni totalmente inattese e incredibili. Quello che è successo ci rimarrà in testa per tanto tempo. Se ricapiterà sapremo la strada da prendere. E comunque l’Italia resta sempre una delle grandi da battere: lo dice la storia. E non dobbiamo mancare di ottimismo».

E noi, invece, da cosa partiamo? Dalla metafora della vita ovviamente, una strategia dialettica alla portata di tutti ma bisogna saperla usare. E qui pare che il nostro CT l’abbia utilizzata bene. Eravamo padroni del nostro destino nell’estate del 2021 così come lo siamo stati nel corso di tutte le qualificazioni per Qatar 2022 e gli epiloghi di entrambe queste spedizioni sono stati inattesi. Dunque, abbiamo meriti, colpe ma, soprattutto, sembra mancarci un’identità o, se preferite, se c’è, oggi come oggi risiede nell’eccesso – del tipo: o siamo campioni o siamo bidoni – e non nel mezzo. Attenzione: quindi meglio perdere gli Europei ma andare in Qatar? Chi lo sa. Sta di fatto che ciò che ci ha fregati, a partire da settembre 2021, è stata quell’ansia inattesa di mantenersi credibili. Un’ansia che, a quanto pare, qualifica da sempre chi ha il dovere di tutelare il sistema calcio italiano tout court – quindi anche di club – ma, puntualmente, denota zavorre. All’ombra di ciò, ci perdonerà Mancini ma le cose che mancano sono proprio l’ottimismo e una strada da prendere “se ricapiterà”, perché è evidente che il nostro calcio può e deve mettere in preventivo che disastri come Italia-Svezia e Italia-Macedonia si verifichino in futuro. Solo non dando per scontato nulla, infatti, possiamo ritornare “una delle grandi da battere” come dice la storia. Ad oggi non è così.
Gli Italiani guarderanno i mondiali come Mancini? Forse sì. Magari dopo aver scelto, simbolicamente, anche una squadra da “tifare”. Si chiama “ironia che secca le lacrime”.

Roberto Mancini si è, inoltre, soffermato anche sulla questione legata all’esodo dei giovani talenti italiani all’estero, un fenomeno certamente non nuovo – il cui apice è stato raggiunto probabilmente dieci anni fa con la cessione di Marco Verratti al PSG dopo un tira e molla tra Juventus e Napoli – ma che si è fortemente accentuato in questa sessione di mercato con gli addii al nostro campionato di Scamacca, Viti, Lucca ed altre trattative, in tal senso, che bollono in pentola. Ecco il suo pensiero:

«Spero abbiano possibilità di giocare. Così sarebbe positivo. Così si cresce. Gli italiani una volta restavano sempre qui, ora sono ancora pochi rispetto a quelli di altre nazioni. Scamacca aveva già fatto l’esperienza, è stato uno dei primi ad emigrare: in Olanda. In Premier può dare tanto, ma non sarà facile. L’importante è che giochi e migliori. […] Lucca ha una grande possibilità per migliorare tecnicamente. Non avrà pressione ma sarà in una squadra che deve vincere sempre. L’Ajax è come Real, Barcellona, Juve ed altre dove un pari è una sconfitta. Ma la scuola Ajax vale: da quelle parti sfornano giovani, poi li vendono e fanno i soldi. I nostri a 18 anni sono ancora in Primavera: all’estero giocherebbero tutti».

La scuola Ajax è quel luogo dove:
– se hai 22 anni non sei più considerato giovane;
– se fai 7 gol tra settembre e ottobre non sei Van Basten;
-se ne fai 0 da novembre a giugno, giocando, può darsi che tu non sia da Ajax ma cerchiamo una soluzione al problema e, in ogni caso, non ti buttiamo la croce addosso;
– non ha mai “studiato” nessun italiano;
– quest’anno, per primo, vi “studierà” il ventiduenne centravanti azzurro Lorenzo Lucca che in Italia è considerato: giovane, prima un mix tra Van Basten, Ibra e Vlahovic per aver fatto, lo scorso anno, 7 gol in B col Pisa tra settembre e ottobre, dopodiché un minus habens per averne fatti 0 da novembre a giugno, giocando.

A proposito di centravanti, l’ex Sassuolo Gianluca Scamacca è passato dal campionato italiano all’NBA del calcio, vale a dire la Premier League e, nello specifico, al West Ham di David Moyes, che quest’anno disputerà la Conference League. Non sarà Inter o Milan ma nemmeno la Premier League è la Serie A. Ci siam capiti. E a proposito di Premier, presto potrebbero finirci altri due giovani virgulti azzurri come Destiny Udogie – in orbita Tottenham – e Cesare Casadei – sempre a Londra ma al Chelsea – con quest’ultimo che vanta zero minuti con i grandi, ma non è che oltre Manica questo importi tanto. Un altro indizio di come all’estero, meno si ragiona sulla base di certi dati stucchevoli più si impatta in positivo sulla carriera dei giovani calciatori. Ed evidentemente il CT Mancini approva…

Intanto la Serie A perde grandi difensori come De Ligt, Koulibaly, Chiellini e su Skriniar il PSG non sembra aver mollato la presa. Ecco come la pensa Mancini:

«È un peccato. Più sono bravi, meglio è per noi. Vengono costruiti qui, poi… Ormai il calcio è così. Koulibaly non è giovanissimo ma uno dei migliori. De Ligt è venuto giovane e da giovane se ne va. Speriamo cresca qualche italiano. […] Le squadre devono essere equilibrate. È provato che vince chi subisce meno e segna di più. In Champions devi essere più spregiudicato: andare a vincere con atteggiamento offensivo».

Mancini sa come si costruisce un difensore ed evidentemente sa che il suo modo non è convenzionale rispetto a molti allenatori del campionato italiano. Non dimenticheremo mai il tiki taka di Chiellini e Bonucci al 120’ della finale degli Europei che nascosero la palla ad un certo Harry Kane. Proprio perché Mancini ci ha mostrato che è possibile evolversi al passo con i tempi, dovremmo cambiare il modo di costruire i nostri difensori, cercando di valorizzarli come “i primi costruttori” piuttosto che esclusivamente come “gli ultimi baluardi”. In linea con il credo del CT hanno dimostrato di essere Spalletti e Simone Inzaghi con Koulibaly e Skriniar, ma non Allegri. Infatti, se De Ligt è andato via è stato proprio perché alla Juventus hanno cercato di cambiare, secondo i vecchi canoni della difesa all’italiana, il modo di stare in campo di un ragazzo, costruito dalla scuola Ajax di cui sopra per difendere facendo girare palla e non per difendere sventando minacce stando per lo più nell’area piccola. Il Bayern Monaco, a differenza dei bianconeri, rappresenta, evidentemente, per Matthijs De Ligt la naturale prosecuzione di quanto imparato in Olanda.

Infine, il tecnico ha concluso con un auspicio legato alla Champions con Milan, Inter, Napoli e Juventus a giocarsi le proprie carte per fare quanta più strada è possibile:

«La Juve si è rinforzata tantissimo, l’Inter è sempre forte e il Milan sta migliorando. E non è vero che vincono solo le più forti: questa è la bellezza della Champions che, fra l’altro, diventa vera da marzo. Anche se non sei favorito puoi farcela. Le squadre italiane devono crederci sempre. In finale di Champions mi immagino Juve-Inter oppure Milan-Napoli. Insomma vorrei rivedere una finale italiana».

Pura utopia ma, del resto, lo era anche l’Italia vittoriosa agli Europei. La differenza sostanziale è che in un solo mese può esplodere la magia di un gruppo particolarmente motivato come lo erano gli Azzurri nell’estate del 2021. Per la Champions, invece, servono nove mesi pressoché perfetti, nel mercato, nella gestione tecnica, tattica oltre che di una buona dose di fortuna. Le italiane sembrano peccare, fondamentalmente, in ognuna di queste componenti ma, data la stella sotto cui è nata, chi non metterebbe la firma per essere protagonista assoluto in questa stagione anomala?

Fonte foto: pagina ufficiale Twitter Roberto Mancini