I Mondiali di Qatar 2022 sono appena iniziati e un popolo interno ha ufficialmente realizzato il disastro della Nazionale italiana, assente dalla manifestazione più importante del calcio per la seconda volta consecutiva. Le nuove generazioni, al netto, forse, di qualche ricordo sbiadito delle spedizioni mediocri di Sudafrica 2010 e Brasile 2014, si ritrovano, di nuovo, a trattare il Mondiale come qualcosa di marginale e non come un evento da vivere da protagonisti. Come spieghereste, a tal proposito, ad un bambino il perché dell’assenza della Nazionale italiana dai Mondiali? Ci abbiamo provato noi con una lettera:
«Caro bambino ti scrivo, così mi distraggo un po’. Avrebbe iniziato così Lucio Dalla. Come chi è? Ah giusto, forse eri appena nato quando è morto. Beh Lucio Dalla era un cantante, un mito della musica italiana. E scommetto che, forse, non ricorderai neanche Pino Daniele. Che ci vuoi fare? È la vita. C’è chi come te è arrivato da poco e chi ci ha lasciato da molto. Io stesso avrei voluto assistere ad una commedia di Eduardo De Filippo dal vivo o ad una partita di Maradona. Lo ammetto, siamo in due. Quante cose ci siamo persi! Sfortunati sì, ma fino a un certo punto. È il tempo che passa. Non è colpa di nessuno.
Io però, caro amico mio, ti scrivo per distrarmi. Ma da cosa? mi domanderai. Sai, da poco sono iniziati i Mondiali. So che ti piace il pallone, che non vedi l’ora di partecipare a quel torneo con la scuola calcio. I Mondiali sono un po’ come un torneo di piccoli amici, il campionato che si organizza tra i vari centri sportivi. Solo che è un po’ più grande. L’obiettivo è lo stesso che avete voi bambini: alzare quella coppa, è tutta vostra, neanche del mister, è vostra, perché in campo ci andate voi. Lo so, non sei abituato a vederli sempre questi Mondiali, ma in realtà non sei l’unico. Tutti noi non è che li vediamo sempre perché si svolgono ogni quattro anni, e forse questa la cosa bella. Si ma se una cosa è bella allora perché non farla sempre? Hai ragione ma sei d’accordo se ti dico che una cosa grande ha bisogno di tanto lavoro per essere preparata? E poi scommetto che se vinci una coppa preferisci tenerla con te per 4 anni anziché per uno solo. Quest’anno, tra l’altro, si giocano in Qatar e, per la prima volta, a fine autunno, dopo che, per quasi 100, anni si erano disputati sempre in estate. Tutto bello, per carità: stadi, coreografie, vestiti, parole. I fatti, invece, non sono molto belli, a dir la verità, ma di questo non voglio parlarti. C’è un’età per tutto!
Piuttosto, ti sarai già chiesto come mai non gioca l’Italia, di nuovo. Anzitutto, voglio tranquillizzarti: non è una regola fissa questa. Non è che l’Italia ai Mondiali non ci può andare, come i cani che, ancora oggi, non possono entrare in alcuni negozi. Ci può andare, a patto che faccia bene quello che deve fare, cioè giocare a calcio o almeno, che vinca tutte le partite, o quasi. Scommetto che anche a scuola da te funziona così, che per essere promosso devi andare bene in tutte le materie e sforzarti di non prendere voti troppo brutti in quella che proprio non ti piace. Diciamo che in una pagella dove fioccano gli 8 e i 9, anche un 5 può passare a 6. È così anche con il calcio, ma non sempre. Ad esempio, immagina di fare tanti compiti e tante interrogazioni e di prendere bellissimi voti uno dopo l’altro e poi, arrivato a maggio ne prendi uno brutto, un altro ancora, un terzo e sei costretto a ripetere l’anno. Tranquillo, è un esempio. Lo so che sei bravo a scuola, e non solo. Ecco, con i nostri amici dell’Italia è successa più o meno la stessa cosa: 37 bei voti, di cui un 10 e lode in una notte di luglio del 2021 e, poi, improvvisamente, tre brutte insufficienze ed ecco che arriva la bocciatura. Se ti starai chiedendo, allora, perché non c’è l’Italia ai Mondiali, ti rispondo che certe insufficienze, è meglio prenderle a febbraio che a maggio. L’Italia, le sue insufficienze, le ha prese alla fine di un percorso chiamato “qualificazioni”, iniziato con tante belle interrogazioni, tante belle prove scritte e bei voti sul registro.
Una volta non era così, ai Mondiali ci andavamo sempre. Pensa che lo abbiamo vinto ben 4 volte: nel 1934, nel 1938, nel 1982 e nel 2006. Come noi c’è solo la Germania e meglio di noi, neanche di tanto, solo il Brasile, che di Mondiali ne ha vinti 5. Eravamo proprio bravi, talmente bravi da fare il percorso inverso: iniziare con brutti voti e finire con tutti 10 e le maestre ad applaudire anzi, che dico “maestre”, addirittura il Presidente della Repubblica, come nel 1982 ai Mondiali di Spagna. Immagina il Preside della scuola che entra in classe e ti dice “Bravo. Sei l’alunno più bravo di tutta la scuola!”. Con tutto il rispetto per la maestra ma il Preside è sempre il Preside. Nel 2006 è successa la stessa cosa. E poi? Poi non so come, ma è successo qualcosa di strano. Abbiamo smesso di giocare per vincere. Lo sai che vuol dire questo? Certo che lo sai. Nello sport, come nella vita, non si vince sempre. Questo vale per le partite e vale anche per i trofei come quello del torneo con le scuole calcio. Mica vincete sempre voi? Vince chi è più forte ma anche chi ci prova di più. Per esempio, i grandi, quelli con la maglia azzurra dell’Italia, quando hanno alzato un trofeo, non sono mai partiti come i più forti del torneo ma ce l’hanno fatta per lo spirito mostrato sempre, anche quando le cose andavano male. Ti capita mai di non risolvere al primo colpo quel problema di matematica? Quando il tuo risultato non coincide con quello del libro? Che fai in quel caso? Chiudi tutto e passi avanti o ripassi le regole e ci riprovi? Io facevo un po’ e un po’ ma vuoi mettere con la soddisfazione di riuscire a farcela dopo averci riprovato? In alternativa, ancora, ci sarebbe sempre il troppo sottovalutato “Maestra, mi scusi, non ho capito. Può rispiegare?”. Ecco, qua ti volevo. Come sono le tue maestre? E il tuo mister, a calcetto? Com’è? Gridano troppo? Sono spesso arrabbiati? Ti tengono il muso? Sai perché te lo chiedo? Perché con i grandi spesso è così. I grandi sorridono poco. I grandi – che non sono poi così più grandi di te, hanno solo 50/60 anni in più, ma tu almeno sai ridere e scherzare – se ne stanno dietro quella cattedra e credono di essere i migliori insegnanti del mondo. Immagina il tuo Preside, quello che prima ti applaudiva. Immaginalo sempre chiuso nel suo ufficio, che esce poco, che non si prende cura dell’edificio, che non conosce ciò di cui avete bisogno. Immagina il tuo mister, che non si preoccupa di quelle lacrime del tuo compagno di squadra, a cui poco prima qualcuno aveva detto qualcosa di poco carino sul suo aspetto fisico. Immagina il Presidente della scuola calcio, che non controlla se i suoi istruttori fanno bene il proprio lavoro, o se i suoi campi e gli spogliatoi hanno bisogno di un’aggiustatina di tanto in tanto. I grandi – nel calcio dei grandi – sbagliano, molto spesso, esattamente in tutte queste cose. E se questi errori li commetti tutti insieme, può capitare di non andare ad un Mondiale.
Sai che c’è? Mi piace pensare che non sia così. Che i grandi ti sorridano. Che ti insegnino le cose di cui hai bisogno con passione, contenti di ciò che fanno. Che ti aiutino se non riesci al primo o al secondo colpo a fare un’operazione, un dettato o una buona marcatura. Sai come si chiama questa? Passione. E attenzione: serve che tu ne metta tanta, quanto più puoi metterne. Si, proprio tu, anche se sei “solo” un bambino. Perché più ne metti, più avvicini il mondo ad essere un posto migliore. Più, insieme a te, ne mette la maestra e l’allenatore – la tua, il tuo, e, in generale, di tutti, grandi e piccini – più saremo vicini a ritornare a giocare un Mondiale.
Caro amico, mentre finisco questa lettera, ti saluto e penso che non mi sono distratto poi così tanto. Ho smesso di guardare le partite di giornata del Mondiale e mi sei venuto in mente tu, nel mentre che tiri dei calci ad un pallone. Mi hai richiamato all’ordine, perché un domani al posto di quei calciatori, dirigenti o giornalisti professionisti, potresti esserci tu ed è anche per questo che mi stai a cuore, già da adesso. Vorrei che stessi a cuore, sul serio, a più persone, perché una cultura che non tiene conto di voi, dei vostri primi calci ad una palla, dei vostri desideri e delle vostre buone rivoluzioni, sta sicuramente lasciando indietro qualcosa di importante».
Fonte foto: pagina ufficiale Twitter Fifa World Cup