Che faresti se un giorno o una notte un demone si introducesse di soppiatto nella tua solitudine più solitaria e ti dicesse: «Questa vita, quale la stai vivendo adesso e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte; e in essa non ci sarà niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro e ogni cosa incredibilmente piccola e grande della tua vita dovrà per te ritornare, e tutto nello stesso ordine e successione — e così pure questo ragno e questo chiaro di luna tra gli alberi, e così anche questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta — e tu con essa, granello di polvere!» — Non ti getteresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così avrebbe parlato? Oppure hai vissuto una volta un attimo prodigioso, per cui gli diresti: «Tu sei un dio e mai ho sentito una cosa più divina!»? Se questo pensiero acquistasse potere su di te, avrebbe su di te, quale sei, l’effetto di trasformarti e forse di schiacciarti; la domanda di fronte a tutto e ogni cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! O quanto dovresti amare te stesso e la vita per non desiderare nient’altro che quest’ultima eterna conferma e suggello?
(Aforisma n. 341, Friedrich Nietzsche, Eterno ritorno, tratto da La gaia scienza)
Follia e paradosso ma anche tanto orgoglio, come i valori che il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche ostenta nel passo appena citato: nella stagione in cui, con mestizia, l’Italia si è scoperta ridimensionata – e dal divano ha visto le altre compagne nazionali a contendersi il mondiale, per la seconda edizione di fila – ben cinque dei suoi club hanno raggiunto le semifinali dei tornei internazionali, segnando un record assoluto nella storia del calcio del Bel Paese.
Dopo una crisi circoscritta, però, solo ai risultati in campo, la Fiorentina ha azzannato prepotentemente le coppe. Giovedì sera, al “Franchi”, la Viola di Vincenzo Italiano potrà staccare il pass per la finale di Coppa Italia nel ritorno contro la Cremonese. Il fiore all’occhiello, tuttavia, resta il percorso in Conference League, che vede i toscani in semifinale, a pochi passi da uno storico bus italiano, dopo la vittoria della Roma dello scorso anno. Roma che, insieme alla Juventus, è in piena corsa per conquistare un posto nella finale di Europa League, in programma a Praga il prossimo 7 giugno. E chissà che non sia un ultimo atto tutto italiano.
A proposito di sfida tutta italiana: in quel di Milano, più che mai, sono manifesti gli strascichi di quella teoria, denominata “dell’eterno ritorno”, tanto cara proprio al buon Nietzsche. Milan e Inter saranno prossime sfidanti della semifinale di Champions League. Un derby di Milano nella Coppa dei Campioni non si vedeva dell’edizione del 2005 quando, battendo l’Inter ai quarti di finale, i rossoneri misero la freccia in direzione Istanbul dove, guarda caso, è in programma la finale di quest’anno. Il pensiero va, tuttavia, a vent’anni fa, quando le due meneghine si incontrarono in semifinale, dando vita ad un sublime cosmo di paura, calcio ed epica, con i 180’ che si chiusero con un 1-1 totale che premiò il Milan, poi campione finale, in virtù della vecchia regola del gol in trasferta.
Il percorso in campionato, le pretendenti “fatte fuori” in Champions da entrambe, quella Supercoppa di Riyad vinta dall’Inter sul Milan poco più di tre mesi fa, lo scudetto dello scorso anno conteso punto a punto all’ombra del Duomo: tra poco, tutto questo sarà destinato ad azzerarsi. Dal 10 al 16 maggio l’Italia osserverà le sue rappresentanti nella Coppa più importante, chiuse a casa loro, mentre stabiliscono chi dovrà giocarsi quella stessa coppa contro la vincente di Real Madrid e Manchester City, per alzarla al cielo ed entrare nella storia.
A proposito di follia e paradosso: c’è un’altra competizione – vale a dire la Serie A – che, al tramonto della trentunesima giornata, vede entrambe le milanesi fuori dai primi quattro posti e quindi virtualmente escluse dalla prossima Champions League. Se da un lato, dunque, c’è una gloria eterna da giocarsi qui ed ora in Champions, dall’altro c’è una credibilità da difendere attraverso il campionato, da concludere nelle prime quattro, per non doveri ridimensionare, con conseguenti ipotesi di addii illustri che si farebbero particolarmente concreti.
Se a Milano fervono i preparativi per un Expo in miniatura del calcio, a Napoli la festa potrebbe incominciare già la prossima domenica e, quasi certamente, quando risuonerà la musichetta europea l’Italia avrà già incoronato la sua squadra campione con la matematica.
Eterno ritorno anche a Napoli, dunque, meno frequente. Mentre Inter e Milan primeggiavano in Champions nel 2003, il Napoli del presidente Salvatore Naldi arrivava sedicesimo in Serie B dopo gli avvicendamenti in panchina in serie di Franco Colomba, il professor Franco Scoglio e il breve interregno di Sergio Buso, durato solo per una partita. Orgoglio e risalita, anche se della Serie C1, per la nuova creatura di Aurelio De Laurentis che, nel 2004-2005, fallisce l’approdo in cadetteria, per poi riuscirci un anno dopo. Tutto questo mentre Milano e Torino facevano da epicentro del pallone, non solo in Italia.
Mentre i salotti pullulavano di coppe, campioni e Coppe dei Campioni, nel sottobosco del professionismo nasceva una realtà che vent’anni dopo si sarebbe presa la scena e non solo all’ombra del Vesuvio ma in tutti gli stadi italiani e in quelli europei. La nuova epoca del Bel Paese è quella di una squadra che, con merito, lavoro, bellezza e tanta tanta sostanza ha curvato lo spazio e il tempo, riportando lo scudetto al Sud dopo 22 anni – dopo il biennio romano 2000-2001 – e nella stessa Napoli, dopo ben 33. Il Napoli di Aurelio De Laurentis, diventato maggiorenne già da qualche mese, in questi giorni si appresta a scartare il meritato regalo. Nessun ritardo sulla tabella di marcia: bisognava prima apprendere tutto al meglio!
Con il Napoli, forse, pare esser maturato anche tutto il sistema calcio italiano: domani sera, a San Siro, Inter e Juventus si giocheranno la finale di Coppa Italia, in programma allo stadio Olimpico il programma il prossimo 24 maggio. Tra le fila nerazzurre ci sarà anche Romelu Lukaku, che era stato espulso nella gara d’andata per somma di ammonizioni e con il secondo giallo estratto in seguito ad un’esultanza sopraggiunta, però, dopo alcuni cori razzisti provenienti dalla curva bianconera. Il ricorso dell’Inter contro questo provvedimento disciplinare è stato respinto dalla Corte sportiva d’Appello lo scorso 21 aprile provocando il dissenso e la mobilitazione generale di tutto il mondo sortivo e non a tal punto da indurre il presidente FIGC Gabriele Gravina a rivedere i piani degli organi competenti circa ventiquattro ore dopo e a vestire i panni del Presidente della Repubblica.
L’art. 87 della Costituzione prevede, al comma undicesimo, che il Presidente della Repubblica può, con proprio decreto, concedere grazia e commutare le pene. Si tratta di un istituto clemenziale di antichissima origine che estingue, in tutto o in parte, la pena inflitta con la sentenza irrevocabile o la trasforma in un’altra specie di pena prevista dalla legge. […] Se il Presidente della Repubblica concede la grazia, il pubblico ministero competente ne cura l’esecuzione, ordinando, se del caso, la liberazione del condannato.
Questo è quanto previsto dal “potere di grazia” di cui la Nostra Costituzione delinea perfettamente i contorni.
Il Presidente Federale […]
-ritenuto pertanto, alla stregua della applicabilità in via generale a tutte le fattispecie sanzionatorie dell’art. 43 del Codice di Giustizia Sportiva, che sussistono gravi ragioni per concedere in via eccezionale e straordinaria la grazia in relazione alla squalifica inflitta per il provvedimento di espulsione conseguente alla seconda ammonizione concede la grazia in relazione alla squalifica irrogata dagli organi di Giustizia Sportiva al calciatore Romelu Lukaku.
Questa, invece, la nota ufficiale FIGC. Il “condannato” – per rimanere in tema Costituzione – è proprio Lukaku. Condannato da cosa? In Italia, fino a pochi giorni fa era condannato con un provvedimento disciplinare chiamato “ammonizione” ma, in generale, da un colore della pelle diverso dalla maggior parte dei residenti. La “grazia” per un giallo di reazione – pacatissima – ad una serie di ululati di odio razzista pone, sul serio, Lukaku alla stregua di un colpevole quasi come a voler dire: “oggi te la cavi ma non provarci mai più!”. Tralasciando un attimo l’uso, non proprio pertinente, delle parole, è innegabile la portata, potenzialmente epocale anch’essa, del gesto del presidente federale Gravina, che è andato contro il sistema giuridico sportivo, solcando semmai il terreno in vista di un incoraggiamento maggiore della lotta al razzismo. Un segnale, in ogni caso, è stato dato, con tempi e modi pittoreschi, ma meno italiani del solito e per “italiani” intendiamo “conservatori”, nel senso più triste del termine. Un passo in avanti, piccolo o grande che sia, che si prende e quasi si incornicia. Dopo un mese, finalmente, si può dire: buona Primavera a tutti.
Fonte foto: pagina ufficiale Twitter Lega Serie A