Ci scuserà Nick Hornby se, per un giorno, trasformiamo il suo capolavoro letterario Febbre a 90° in Febbre a 92°. Esatto, 92, come il minuto esatto in cui tutto è cambiato affinché non cambiasse nulla, nella nostra Serie A, giunta alla sua ventitreesima giornata. Andiamo con ordine. Nel tardo pomeriggio, l’inaffidabile Milan di questa stagione rischia il terzo colpo grosso stagionale contro l’Inter fino a quando, al minuto 92, Stefan de Vrij pareggia il gol del connazionale Reijnders con un tocco sottomisura quando la porta sembrava stregata e la partita conclusa. Milan-Inter: 1-1 e linea all’Olimpico dove, con una vittoria, il Napoli allungherebbe e tramortirebbe il campionato. E infatti, senza troppo rumore, e con un gol in pallonetto di Spinazzola discreto come il silenziatore di una pistola, il Napoli è a +5 sull’Inter, attesa dal difficile recupero di Firenze, con le ansie e gli impegni di coppa a gravare: praticamente, con un quarto (di) scudetto sul petto. Invece, la paura fa 92 e la Smorfia di Conte al gol bellissimo di Angelino dice tutto sull’occasione persa dai suoi per poter scappare sempre più in alto in classifica.
Il tifo azzurro, all’indomani del pari contro la Roma, è naturalmente arrabbiato per come è maturato e per quello che poteva essere se solo… Ecco, appunto, se solo fosse successo cosa?
- Gestire l’1-0 di vantaggio scegliendo di abbassare il proprio baricentro con conseguente arrembaggio Roma da disinnescare;
- Interpretare l’intera gara come Firenze, oppure come il più vicino secondo tempo contro la Juventus di settimana scorsa e quindi spingere a mille sull’acceleratore, data anche la freschezza dal non avere le coppe infrasettimanali;
- Non fare affidamento su seconde linee di categorie e comprensione calcistica più bassa rispetto all’undici tipo. Ragion per cui…
- …Se solo il Napoli avesse rinforzato la difesa – ancora orfana di Buongiorno – e le corsie esterne sostituendo Kvara sarebbe stato più naturale rimanere più alti in campo o, quantomeno, più freschi e autorevoli in copertura, nei minuti di forcing avversari.
Oggi, perciò, basta un pari per gridare che il re è nudo e che la gestione del mercato è rivedibile così come l’atteggiamento in campo contro la Roma, a detta di tanti “rinunciatario” dopo l’ora di gioco. È indubbio che la partita singola, contro un avversaria comunque di prestigio, potesse essere condotta meglio lungo tutti i 90’ più recupero; è fuori discussione che ci si aspettasse tanto da una campagna acquisti che vede legato al Napoli il colpo di mercato più importante ma in uscita; è ancora da registrare il senso del gusto di tifosi amanti dei 3 pt – chi non li ama! – ma nostalgici di un calcio ben fatto ma esteticamente pregevole al netto di un calcio ben fatto ma più pragmatico e comunque al momento vincente.
La filosofia contiana non è poi così diversa da quella del suo predecessore iridato Spalletti ovvero uomini forti destini forti, uomini deboli destini deboli, tuttavia i modi di far germogliare i semi di questa massima sono diametralmente opposti: per uno Spalletti che praticava un calcio aulico e illuminato come i principi prussiani (cfr. un ex interprete napoletano e prussiano come Zielinski) c’è un Conte in stile Braveheart con elmetto e strisce sulle guance, che militarizza ogni concetto di gioco prediligendo equilibrio, con le giuste uscite offensive, nel rispetto di una copertura delle retrovie (cfr. sir William Wallace, meglio conosciuto come Scott MacTominay, scozzese napoletano che all’occorrenza si sdoppia per garantire al meglio entrambe le fasi).
Ecco, il nuovo Napoli è tutto qui e lo si può ritrovare in ogni goccia di sudore versata per raggiungere quell’unico obiettivo possibile, e non stiamo qui a rivelare quello che è solo un segreto di Pulcinella. Il Napoli punta allo scudetto: è alla sua portata. Il calendario – suo e delle dirette concorrenti Inter e Atalanta – è amico dei partenopei; la rosa è di primissimo piano al netto di una panchina che, comunque, è chiamata in causa il giusto, cioè poco. Conte ha (ri)messo in moto quella macchina perfetta di due anni fa, con un carburante nuovo, tuttavia a Roma, l’impressione è stata quella di una scalata nelle marce, tutta all’indietro e ne hanno approfittato i giallorossi di Ranieri, bravo esattamente come il tecnico azzurro, a ridare credibilità ad un ambiente calcisticamente depresso.
Proprio a Roma, nel 2021, Conte ricevette una lezione morale dai giallorossi il 10 gennaio 2021, quando era alla guida dell’Inter poi campione d’Italia 5 mesi dopo: allora fu Gianluca Mancini a punire una Inter grande per un’ora ma poi deliberatamente rinunciataria e bassa con il baricentro. Lo stesso Mancini che ieri sera è stato bersaglio di Conte per aver, secondo il leccese, proferito il falso nel dire di aver avuto tante occasioni per fare gol. Ebbene, quel Roma-Inter, amaro per Conte e per il tifo nerazzurro, servì per stappare la lattina e dare una maggior consapevolezza ad una squadra che poi abbandonò il cambio manuale per quello automatico, che l’avrebbe fatta scappare ma in avanti, verso lo scudetto. Che la volée di Angelino sia di buon auspicio per il nuovo Napoli dal cuore impavido di Antonio Conte? Staremo a vedere.
Fonte foto: SSC Napoli