Pillole di Calcio – Bentornato, maestro! Zemanlandia “riapre” a Pescara e promette il solito spettacolo

Nella monarchia assoluta che vige nella nostra Serie A e che vede il Napoli di Luciano Spalletti mettere un abisso tra lui e le squadre dietro, l’unico avversario credibile fino in fondo resta il Napoli stesso. Alzi la mano chi non ha percepito in Maurizio Sarri, in occasione della sfida contro la Lazio, una celeste – anzi azzurra – nostalgia dei tempi passati da custode del San Paolo. Venerdì 3 marzo, però, nella sua Napoli ci è tornato da avversario, per poi riscoprirsi fortunatamente corsaro. La sfida tra azzurri e biancocelesti, che ha visto i primi incappare nella seconda sconfitta in campionato – per giunta senza segnare in casa come non gli capitava da un anno esatto – ha rappresentato, forse, la massima espressione dei sani tatticismi tutti italiani che solo due cattedratici come Spalletti e Sarri sono in grado di offrire. Uno spettacolo sì più povero rispetto alla gara dello scorso settembre ma solo da un punto di vista numerico. In quell’occasione, dopo una partenza ad handicap, il Napoli prese a sommergere di tiri Provedel e compagni, rimontando la rete di Zaccagni e vincendo 2-1. La gara di ritorno ha mostrato una Lazio di sicuro più contenitiva ma senza mai rinunciare alle sue idee. La fortuna di Sarri non è stata, perciò, gratuita ma orientata dalla sapienza e da un lavoro del quale – a detta dello stesso Luciano Spalletti – l’ambiente Napoli sta ancora beneficiando.

Se l’ultima sfida del Maradona non è stato un derby, poco ci manca. Sì, il derby del sole è con l’altra romana, certo, tuttavia sono tanti i valori condivisi da Napoli e Lazio in questo preciso momento storico, dalla cura del bello a quella del lavoro per rendere il bello anche efficace. Se c’è un pioniere di questo calcio d’avanguardia, almeno in Italia, quello è sicuramente Zdeněk Zeman, un motivo in più per accomunare Lazio e Napoli anche se sarebbe molto audace paragonare le due esperienze del tecnico boemo all’ombra del cupolone e del Vesuvio. Infatti, il Napoli che nel nuovo millennio si ripresenta in Serie A, a dieci anni dal secondo scudetto, ha in panchina proprio un cinquantatreenne Zeman, tuttavia dopo sei partite e due soli punti, l’allora presidente Corbelli decide di interrompere il rapporto con l’allenatore poi al timone della Salernitana l’anno successivo ma in Serie B. Le tre stagioni alla Lazio, invece, costituiranno per sempre il momento in cui Zeman è andato più vicino a vincere un trofeo, con un secondo posto in Serie A del 1995 alle spalle della Juventus di Marcello Lippi e l’immancabile Giuseppe Signori a sublimare con i suoi gol il già famoso luna park di Zemanlandia.

La genesi del nuovo modo italiano di vedere e proporre calcio targato Zdeněk Zeman si deve, però, al Foggia ed è simile, per certi versi, a quella che ha visto Giampiero Gasperini plasmare l’Atalanta: risalire prepotentemente dopo essere stati sull’orlo del precipizio. Nel caso dei bergamaschi la svolta arrivò contro il Napoli nel loro stadio. Ancora la Lombardia – stavolta però al Brianteo di Monza – a fare da location al manifesto del nuovo calcio offensivo del tecnico boemo, che però sarebbe stato esonerato in caso di sconfitta. Quel 30 dicembre del 1989, tuttavia, Beppe Signori cambiò il corso degli eventi pareggiando l’iniziale vantaggio brianzolo firmato da Consonni e, prolungando – anche se non poteva saperlo – il matrimonio tra Zeman e Foggia di altri cinque anni.
In un clima mediterraneo del pallone dove vige la regola del “prima non prenderle”, Zdeněk Zeman è il Rocky Balboa di Sylvester Stallone che sul ring contro Ivan Drago porge il volto e il fianco ai pugni del russo, urla “Non fa male. Non fa male” e poi comincia anche lui a scaricare la sua raffica. Nel lessico del pugilato, tuttavia, l’ipotesi dello zero a zero non è contemplata e neanche a Zemanlandia: un vero “peccato”, per il tecnico, che nel calcio lo sia e quindi può capitare che i colpi dei guantoni vadano a vuoto. Maestro dell’eccesso in un mondo di compromessi – talvolta anche stucchevoli – e come tale ha diviso e continua, tutt’ora, a dividere l’opinione del pubblico: il calcio di Zeman è un continuo pendolo che oscilla tra l’ode al miglior attacco della competizione al lamento della peggior difesa; un’orchestra che canta con un attacco in massa e che stona perché la stessa retroguardia che prende gol era andata in avanti ad attaccare. Lui, poi, l’uomo: per qualcuno è un venditore di fumo, per qualcun altro un genio rivoluzionario che sa valorizzare come pochi il materiale umano a sua disposizione. A proposito di materiale umano, tra i calciatori che Zeman ha elevato nel firmamento del pallone figurano ben tre dei primi dieci cannonieri di tutta la storia della Serie A: Francesco Totti, che con il boemo è diventato il capitano della Roma ma prim’ancora è stato investito della maglia numero 10; il già citato Giuseppe Signori che, da striminzito trequartista qual era, si è trasformato in attaccante da 188 gol in Serie A; Ciro Immobile, che il boemo ha svezzato nell’esperienza a Pescara nel campionato 2011-2012, quando con la compagine abruzzese vince il campionato di Serie B grazie anche alla fantasia di Marco Verratti e di Lorenzo Insigne.

Appunto, Pescara. Perché all’età di 75 anni (76 il prossimo 12 maggio) Zdeněk Zeman è tornato a sedere sulla panchina dello stadio Adriatico, per la terza volta, dopo la cavalcata del 2011-12 valsa la promozione in Serie A e l’altra parentesi spalmata tra prima e seconda serie tra il 2017 e il 2018. Non c’è due senza tre e – vale proprio il caso di dirlo – non ci sono A e B senza la C. In un girone come quello del centro-sud di Lega Pro in cui il Catanzaro di mister Vivarini sta letteralmente recitando la parte del Napoli di Spalletti, l’unica aspirazione delle altre squadre d’elite del raggruppamento è quella di sperare di rientrare nella bagarre di inizio estate con le altre squadre dei gironi A e B per salire di categoria. È proprio questo il nuovo obiettivo del tecnico ceco che, dopo l’esperienza in chiaroscuro con il Foggia dello scorso anno, sempre in Serie C, ha nuovamente raccolto la sfida di patron Sebastiani in quel di Pescara per cercare, in primis di consolidare la zona play-off per poi costruire i presupposti per un nuovo miracolo calcistico in provincia. Il nuovo primo esordio con i Delfini, davanti ad un pubblico quasi ritrovato, si è concluso, non a caso, con un 2-2 di zemaniana fattura contro la Juve Stabia di Sandro Pochesci, con i campani a recuperare un iniziale doppio svantaggio. Segno, questo, di un impatto già significativo dei dettami del nuovo corso tecnico targato Zeman che pare proprio non aver smarrito la sua passione, come testimoniato anche dalle sue parole in conferenza stampa di presentazione: “Io sono qua perché mi piace fare calcio”. A quanto pare, anche il calcio italiano non può fare ancora a meno di lui. Bentornato, maestro!

Fonte foto: pagina ufficiale Twitter Pescara Calcio