Nel posticipo domenicale della sesta giornata del campionato di serie A il Napoli supera 2-0 il Monza, torna subito alla vittoria dopo il pari di Torino contro la Juventus e, soprattutto, si riporta in testa alla classifica con una lunghezza di vantaggio sui bianconeri e due sul trio Milan-Torino-Inter. A decidere le sorti di un match nel quale gli azzurri sono assoluti padroni del campo dopo le prime fasi iniziali di studio il mancino in buca d’angolo con cui Politano, innescato dall’involontario triangolo con Bianco, si presenta davanti alla porta ed infila Turati al ventiduesimo mentre il raddoppio arriva undici minuti più tardi ed è frutto del recupero alto dei partenopei che sfruttano la farraginosa costruzione dal basso dei brianzoli per rubare palla e mettere Kvaratskhelia in condizione di battere in porta indisturbato da pochi passi. Il risultato rapidamente archiviato trasforma la restante parte di contesa in un agevole opera di controllo da parte dei padroni di casa che anche quando gli avversari provano a cambiare assetto per aumentare il peso offensivo controbattono adottando la difesa a cinque, concedono le briciole e sfiorano anzi il terzo gol.
In campo entrano i calciatori ma è doveroso incoronare come artefice principale di un primato riconquistato che scalda già l’intero ambiente Antonio Conte. Scelto dal presidente De Laurentiis per riportare la squadra in alto dopo i disastri del post scudetto il tecnico, accolto con grande entusiasmo dalla piazza, ha subito specificato la necessità di dover lavorare duro per poter ripartire con un messaggio inequivocabile:”amma faticà”. Il lavoro, duro ed intenso, è da sempre il marchio di fabbrica dell’allenatore pugliese che fin dal primo giorno ha torchiato i suoi nel ritiro di Dimaro per poi continuare, con il rientro dei nazionali, in quel di Castel Di Sangro perché una condizione atletica eccellente permette di esprimersi su eccellenti standard di rendimento per tutta l’annata. La gestione del gruppo è stata esemplare perché ha fissato con chiarezza quali erano i pilastri da cui ripartire per costruire il nuovo Napoli e definito le pedine non indispensabili allo sviluppo del nuovo progetto tecnico. I ritardi nella soluzione del caso Osimhen hanno inevitabilmente condizionato la campagna acquisti ed insieme al dazio da pagare al duro lavoro svolto hanno inciso pesantemente sulle prime uscite: il sofferto successo ai rigori sul Modena in Coppa Italia ed il tracollo nella ripresa del debutto con il Verona. Le scuse ai tifosi per il pessimo esordio in campionato, l’invito al pronto riscatto e l’accelerazione finale sul mercato hanno creato le premesse per poter lavorare con una rosa strutturata nei diversi ruoli che l’ex Inter sta plasmando di partita in partita secondo i dettami tecnico-tattici del suo calcio ma soprattutto con un’identità motivazionale ben definita: si lotta con il coltello tra i denti su ogni pallone e si corre a cento all’ora per novanta minuti perché bisogna lasciare sul terreno di gioco fino all’ultima stilla di energia. Conte ha smentito la fama di integralista affezionato al suo 3-5-2 o perlomeno alla difesa a tre perché quando ha avuto a disposizione tutto l’organico non ha esitato a passare al 4-2-3-1 ritenendolo l’assetto più funzionale per consentire alla squadra di esprimere appieno tutto l’enorme potenziale di cui dispone.
Credit: SSCNapoli.it