Addio Kvara – Il sogno, l’impresa e la controversa partenza: il viaggio del georgiano attraverso Napoli

Quando nell’estate del 2022 la tifoseria partenopea disse addio ai suoi più affezionati beniamini, protagonisti di stagioni poco vincenti, ma dal grande respiro epico, si diffuse presto l’idea di un lento declino lastricato di scelte sbagliate. Il saluto sotto gli applausi del capitano Lorenzo Insigne e quelli più silenziosi di José Maria Callejon, Kalidou Koulibaly e del ribattezzato Ciro Mertens sancirono l’inevitabile fine dell’era degli eroi scelti da Rafa Benitez e consacrati da Maurizio Sarri alla causa scudetto. Il sogno nel cuore dei tifosi azzurri andava lentamente affievolendosi, tanto più che i nomi orbitanti attorno al mercato estivo del Napoli chiarivano la posizione visionaria del suo patron: calciatori giovani e di provenienza straniera, al fine di esportare il club in ogni angolo del mondo. Lo scetticismo collettivo era giustificabile. Eppure, al suo ultimo anno all’ombra del Vesuvio, Cristiano Giuntoli tirò fuori dal cilindro un colpo ad effetto. L’ex direttore sportivo azzurro strappò al Dinamo Batumi per poco più di 10 milioni di euro un esterno georgiano classe ’01, calciatore poco conosciuto, ma estremamente promettente.

Il ragazzo cresciuto sotto il segno dell’invasione russa durante la Guerra d’agosto del 2008, ragione fondante del suo legame indissolubile con la madre patria, raddoppiò il suo numero preferito e scelse di indossare il numero 77, accogliendo l’onere di riempire il vuoto lasciato in campo da capitan Insigne. Nonostante fosse stato accolto da un mare di pregiudizi, Kvicha seppe subito risalire a galla e il 15 agosto, al suo debutto in Serie A contro il Verona, collezionò il suo primo goal e il suo primo assist in maglia azzurra. L’imprevedibilità del georgiano, la sua foga agonistica e le grandi capacità sia nel dribbling negli spazi stretti quanto in quelli larghi furono tutte caratteristiche che conquistarono la simpatia e il calore dei napoletani. L’intesa con i compagni supera l’ostacolo della nuova lingua, grazie soprattutto all’ambiente tutt’altro che rigido e distaccato apparecchiato da Luciano Spalletti con l’uso della lingua inglese. La settimana seguente non si smentì, anzi raddoppiò la posta insaccando un bis nella rete del Monza, allora difesa dall’attuale portiere della Juventus Michele Di Gregorio. La combinazione tra Osimhen e Kvaratskhelia rappresentò l’arma letale di Luciano Spalletti, la sua squadra era diventata una macchina devastante che avrebbe sempre potuto contare sulla giocata individuale di uno dei suoi attaccanti per portare a casa i tre punti. La foga di quell’ingranaggio, come è solito dire, stracciò il campionato in poco tempo e ribattezzò il giovane ventunenne dal nome impronunciabile col nome di Kvaradona. In realtà quella concessione scaramantica della benedizione dalla divinità più venerata nei quartieri di Napoli sarebbe stato un passaggio di consegna dalla vecchia storia alla nuova, come se nel guerriero georgiano si potesse, lungi da ogni tipo di paragone qualitativo, riscontrare l’animo di rivalsa del rivoluzionario argentino che realizzò ben due volte il sogno di essere Campioni. La scelta del soprannome non fu sbagliata, perché Kvara al suo primo anno ricondusse assieme ai suoi compagni lo scudetto al “Diego Armando Maradona”. Nella grande cerimonia che seguì la premiazione dei Campioni il numero 77 avvolse intorno alla sua schiena un’enorme bandiera del suo paese a testimonianza di quanto l’amore per la patria fosse prioritario. Nella gloriosa stagione 2022/23 Kvicha mise a segno quattordici goal e diciassette assists (12 reti e 13 suggerimenti in Serie A, 2 reti e 4 suggerimenti in Champions League) e 74 dribbling riusciti su 182 tentati, ingaggiando una battaglia di ruolo che a lungo sarebbe durata con il milanista Rafael Leao (70 riusciti su 149 tentati); infine, fu coronato Most Valuable Player nella massima competizione italiana e Player of the year nella sua Georgia.

La vittoria dello scudetto, tuttavia, rappresentò una vetta alla quale la società non sembrava preparata ed il crollo che ne venne a seguito ebbe ripercussioni anche sulla sua nuova cometa. Che alla base del divorzio tra la SSC Napoli e Kvaratskhelia vi siano ragioni principalmente economiche pare scontato. Così come era stato per Victor Osimhen, il salto di qualità che i due grandi attaccanti avevano reso possibile pretendeva adesso un inevitabile riconoscimento. Tuttavia, l’irrevocabile linea manageriale di Aurelio De Laurentiis, del tutto giustificabile e comprensibile in un’ottica aziendale, causò lo scontento delle parti in causa. Nonostante ciò la seconda stagione di Kvicha si concluse con una collezione di 11 goal e 8 assists, ma appariva ormai evidente che le sue prestazioni cedessero man mano il passo all’ostinato individualismo e al carattere nervoso. L’addio di Osimhen al Galatasaray, il calciatore dal contratto rinnovato con uno stipendio al rialzo di 10 milioni l’anno, anche se probabilmente proprio al fine di apparecchiare la sua partenza, e l’arrivo di Antionio Conte l’estate scorsa avevano lasciato acceso un barlume di speranza, ché sentendosi finalmente al centro del progetto del club avrebbe ritrovato la sua condizione migliore. Il tempo ha affievolito l’ultima fiamma. Lo scorso 17 gennaio Kvicha Kvaratskhelia ha firmato il contratto tanto agognato e rimandato con il Paris Saint-Germain, la cui formula prevede un ingaggio di circa 11 milioni stagionali (9 più 2 di bonus) fino al 2029 con opportunità di proroga di un anno. Si tratta di uno stipendio circa otto volte maggiore rispetto a quello percepito alla SSC Napoli, che grazie alla sua cessione ha guadagnato oltre i 70 milioni di euro. Nonostante la reazione contraria e delusa dei tifosi, le ragioni economiche hanno sempre un’importanza relativa in un business tracimante di investimenti. La peculiarità del gioco del calcio, o per utilizzare un’espressione dello stesso De Laurentiis “industria del calcio”, consiste nella morfologia aziendale dei suoi dipendenti. Così l’apparato dei “dotti, medici e sapienti” impresari alle dipendenze dei giocatori, ma allo stesso tempo amministratori e deviatori dei loro interessi, ragiona e sceglie quanto conviene ad un’azienda per la sua crescita e per la sua sussistenza. L’ideologia diramata dal patron azzurro altro non è che la realtà di un mondo descritto a voce alta, una verità stridente e cozzante con la passione degli amanti dello sport. Proprio in virtù di quella passione che accomuna i cori di una squadra, malgrado la nostalgia di una storia consumata, Napoli manterrà sempre il suo legame con Kvaratskhelia, in memoria di quel fuoco georgiano che ha divampato il “Maradona” e realizzato il sogno di un popolo.  

Foto: SSC Napoli.